Quello che a prima vista colpisce, scorrendo la rassegna dei giornali e dei periodici della Rsi compilata dopo lunghe ricerche da Marco Borghi (La stampa della Rsi. 1943-1945, editore Guerini e Associati, pagg.149, euro 15,50) è lalto tasso di mortalità dei loro direttori.
Morti violente. Don Tullio Calcagno, direttore di Crociata italica, ucciso a Milano il 29 aprile 1945. Ather Capelli, direttore del quotidano torinese La Stampa, assassinato il 31 marzo 1944 dal gappista Gaetano Pesce. Iginio Ghisellini, federale di Ferrara e direttore di Ferrara repubblicana, ucciso in unimboscata partigiana il 13 novembre 1943. Enrico Vezzalini, suo successore, avvocato e implacabile accusatore dei «traditori» del 25 luglio al Tribunale di Verona, (condannato a morte in un processo che vide Oscar Luigi Scalfaro come pubblico ministero) fucilato a Novara il 23 settembre 1945. Sangue anche sulla storica Agenzia Stefani il cui direttore Manlio Morgagni si suicidò nel 1943 dopo larresto di Mussolini, mentre il nuovo direttore Ernesto Daquanno finì fucilato a Dongo il 28 aprile 1945. Sorte migliore non ebbero altri esponenti della Rsi che diressero periodici di propaganda o firmarono scritti politici: dal cieco eroe di guerra Carlo Borsani, ucciso a Milano nellaprile del 45, allex leader socialista Nicola Bombacci, fucilato con i ministri di Salò a Dongo. Lultimo ucciso sarà il giornalista Franco De Agazio, fondatore e direttore del periodico neofascista Il meridiano dItalia, fulminato a Milano dalla famigerata Volante Rossa il 14 marzo 1947.
«Questo dimostra - commenta Marco Borghi, direttore dellistituto per la Storia della Resistenza di Venezia e attento studioso del fascismo repubblicano - che furono in molti i giornalisti a rischiare di persona in quel difficile periodo in una sorta di militanza della parola, e che ci furono anche molti non-giornalisti che si assunsero la direzione di periodici e pubblicazioni, coprendo il vuoto lasciato da altri».
Ma cè un altro aspetto che richiama lattenzione nella stampa della Rsi: la vera a propria esplosione di carta stampata che si verifica in quel periodo così tormentato, in condizioni dure, con penuria di carta e benzina, con comunicazioni sempre più difficoltose. Eppure le rotative girano e si pubblica di tutto, dallopuscolo al numero unico. «Quasi che la carta stampata fosse lultima trincea ideale - commenta Borghi - e anche un tentativo di recuperare un consenso che svaniva ogni giorno di più. Si assiste anche a una grande frammentazione della stampa, al sorgere di tensioni anticentraliste e al formarsi di nuclei abbarbicati al territorio, spesso nati e vissuti intorno a un podestà o a un federale. Cè molto spontaneismo ma anche linfluenza di diversi e a volte concorrenti centri di potere».
Fra i nomi che emergono da questa rassegna stampa anche personaggi che sopravviveranno allapocalisse del 25 aprile, come Ugo Manunta, come Luigi Romersa, allora giovane giornalista e poi grande inviato di guerra. O come Giorgio Pini, poi esponente della corrente «di sinistra» del Movimento sociale italiano o Stanis Ruinas che nel 1947 fondò il giornale-movimento Pensiero Nazionale, ispiratore dei cosiddetti «fascisti rossi», fiancheggiatori del Pci.
È un universo poliedrico, una fonte documentaria preziosa, fino ad oggi sommersa sotto lalluvione di giudizi negativi sulla Rsi. Borghi lha fatta riemergere con acribìa di studioso, sia attraverso la verifica incrociata di cataloghi e inventari stampa, sia spulciando biblioteche e centri di documentazione.
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