GIORNALI MORBOSI CI MANCAVA SOLO LA SCRITTRICE HARD

«Mi implorava: succhiami i capezzoli, Cleo». Il dibattito politico fa un altro passo avanti: da Repubblichella 2000 a Le Ore del Riformista. Aspettiamo con ansia un po’ pruriginosa il prossimo passo: se tanto mi dà tanto c’è il rischio che pubblichino il catalogo completo di qualche sexy shop. La stampa democratica l’ha promesso: non molleremo la presa. Non aveva precisato che si trattava di una presa secondo i dettami del kamasutra. Avanti popolo, alla riscossa, luce rossa la trionferà.
Scusate l’approccio osé, ma siamo arrivati a questo punto. E non certo per colpa nostra. Ieri mattina, infatti, sulla prima pagina del Riformista c’era un articolo che riferiva le prodezze letterarie di un’aspirante scrittrice (molto aspirante e poco scrittrice): un racconto di fantasia sessuale con in primo piano i capezzoli da succhiare, masturbazioni, petti glabri e godimenti assortiti: un classico del genere edicola notturna, insomma, improvvisamente assurto a dignità di prima pagina di un giornale politico. E sapete perché? Perché l’aspirante capezzolosa, nel suo osceno pamphlet, ha inserito come protagonista la figura di un ministro, sostenendo addirittura che dopo gli episodi a luci rosse così doviziosamente narrati, il ministro le aveva promesso (per davvero) una candidatura. Naturalmente non ha indicato nome e cognome dell’importante personaggio, ma ha messo tutti gli elementi perché fosse chiaramente identificabile. Gioco zozzo, in ogni senso.
E così, per tutto il giorno, non s’è parlato d’altro. L’Istruzione varava la riforma dell’Università? «E va be’, ma hai sentito i capezzoli?». Il governo presentava il Dpef? «E va be’, ma hai sentito i capezzoli?». La Camera approva la legge sulla violenza sessuale? «Sì, però, i capezzoli...». Il sito Dagospia ha subito ripreso lo scoop letterario con grande evidenza, quello di Repubblica pure. Il quotidiano on line di Ezio Mauro ha tenuto per tutto il giorno la notizia del libro in home page con un enorme titolo a tre righe. La prima diceva: «Libro: ministro mi promise la candidatura». La seconda diceva: «Il premier deve riferire alle Camere?». La terza: «Come ridare decoro alle istituzioni?». Come se fosse tutto vero, insomma. Come se fosse già un problema istituzionale.
Del resto se si è precipitati a questo livello il merito è proprio di Repubblica. Quando si intraprendono certe strade, non si sa mai dove si arriva. Ieri su Italia Oggi Diego Gabutti faceva giustamente notare come ormai il linguaggio del quotidiano fondato da Scalfari (e affondato da D’Avanzo) sia arrivato a livelli da «romanzetto porno». Negli editoriali si parla di «sessual addiction compulsiva» o di «satiriasi indiavolata»: «gergo psichiatrico pomposo», sostiene Gabutti, «che piace ai semicolti convinti come sono che le parole a pera diano un tono alle conversazioni». E Italia Oggi, sintetizzando, conclude: «Repubblica sempre più a luci rosse».
Ma sì, sempre più a luci rosse. Evviva. E dunque, scesi a livello di pornografia, ormai, tutto è lecito. Anche prendere il romanzetto alla Lando Buzzanca e trasformarlo in un caso politico. Mettere alla berlina un ministro, salvo poi dire a sera con un comunicato Ansa che «è tutta un’invenzione letteraria» perché la scrittrice «non ha mai pensato di fare riferimento a personaggi politici reali». Ma come non ha mai pensato? Se il personaggio politico reale lo descrive per filo e per segno... A momenti gli pubblica pure il codice fiscale per farlo riconoscere...
Il Riformista, dal canto suo, sostiene che la scrittrice conferma come realmente accaduta la storia della candidatura negata. Parla di «primo romanzo erotico del sex gate». E definisce il libro «il primo spaccato della politica al tempo degli accappatoi bianchi». Spaccato della politica? Un’invenzione letteraria può essere uno spaccato della politica? Il sito di Repubblica addirittura sentenzia (sotto la foto dell’aspirante scrittrice) che si apre «un nuovo caso per il governo fra amore e politica». Un nuovo caso, proprio così. E poi la domanda: «Il premier dovrà riferire alle Camere?». Ma su cosa? Su un romanzetto erotico della provincia pugliese?
Ora voi capite che a questo punto siamo senza difese. Quando si arriva a giocare la carta di una sedicente scrittrice, nota solo come propalatrice di storie sesso&corna in provincia, quando si usa l’arma della finzione per infangare (davvero) un esponente del governo, quando si supera la barriera della porno-politica, quando si buttano in faccia all’avversario politico i capezzoli, quando, sempre con la scusa della finzione letteraria, lo si definisce «lombrico molliccio» e si scrive testualmente che «raggiunge l’orgasmo solo masturbandosi» (ah, i giornali dell’intellighentia, come sono diventati raffinati...), quando si costringe tutti, anche noi, a occuparsi di questo giornalismo da bordello, con i riformisti allupati e guardoni D’Avanzo, ebbene, verrebbe soltanto voglia di dire che questo è il risultato della campagna voluta dal giornale di Scalfari.

Immondizia trascina immondizia: chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza. Noi, per dirla tutta, siamo divisi fra la nausea di essere arrivati al punto più basso. E il timore che possa non essere il punto più basso. Ma che cosa ci può aspettare ancora dopo i capezzoli di Cleo?

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