Il giorno dopo tra polvere ruspe e foto coi telefonini

C’è chi spera di poter rientrare in casa e chi raccoglie ciò che resta

Giacomo Susca

Una notte passata a scavare tra le macerie, la polvere che non ti fa respirare. Non bastavano le ruspe e le unità cinofile. I soccorritori ci hanno messo le mani nude. «Il momento peggiore quando è arrivata la sonda per rilevare i battiti cardiaci - riferisce Andrea, 20 anni -. Hanno a chiesto a tutti di stare zitti e c’è stato subito un silenzio irreale. Così hanno trovato Francesco». In quel punto ora c’è un mazzo di fiori. Andrea il giorno dopo lo ritrovi dov’era la sera della tragedia, abbraccia l’amica Giada che abita al civico 11 di via Lomellina e che, con una valigia in mano, aspetta di sapere da qualcuno se stasera potrà dormire nel suo letto. Sopra di lei si sentono i rumori dei vetri calpestati dai pompieri, saliti per i sopralluoghi. Ora che il bilancio è definitivo e non serve più guardare in basso per cogliere un segnale di vita, la luce del mattino illumina impietosa lo scenario del crollo. Uno scheletro di cemento che senza pudore si mostra allo sguardo di residenti e curiosi, si fa fotografare dai cellulari di chi di questa brutta storia vuole conservare un’immagine. Come se il boato avvertito una manciata di minuti prima delle otto si potesse già dimenticare. Risuona nelle orecchie di coloro che si trovavano lì nel momento dell’esplosione. Lì significa nel raggio di due o tre isolati in linea d’aria, perché il signor Fausto giura che il suo salotto «ha tremato» per interminabili secondi, lui che vive oltre il mercato di via Argonne; così come Ivana è corsa in strada dopo lo scoppio, cioè in viale Corsica «come quando ci bombardavano nel ’45, sembrava una bomba». E invece pare sia stata una fuga di gas che però sembra molto sospetta, mentre si fa strada l’ipotesi del suicidio di una delle vittime del crollo e si parla già di «strage colposa». Eppure in molti insistono: «La puzza si sentiva da mesi, ho chiamato i vigili del fuoco l’ultima volta alle quattro del pomeriggio», denuncia Saverio, il gestore del bar al piano terra su cui e si è rovesciato l’inferno, uccidendo «il piccolo Franci» mentre era salito a prendere la playstation.
I vigili del fuoco continuano a lavorare per ripulire il marciapiede dai detriti. Spunta persino un materasso. Lassù, invece, un letto fa capolino sul vuoto del palazzo sventrato. C’è pure un armadio sfasciato, un lampadario incredibilmente intatto e tutto il resto della camera. Degli abiti sembrano appesi a una mensola che fino a ieri era il pavimento del quarto piano, l’effetto è di un quadro surrealista. Ma l’impressione dura fino a che una gru non decide di dare il colpo di grazia e cancellare la desolante visione. La polvere invade di nuovo via Lomellina, ricoprendo una seconda volta le vetrine dei negozi, rimasti chiusi per tutta la giornata. L’elenco dei danni, dai vetri rotti alle saracinesche incrinate, inizia dalla Benetton all’angolo. Proprio di fronte al numero 7 il Banco di Brescia non ha più l’insegna e il bancomat è ridotto a uno scatolone inutile. I disagi non si fermano qui: in molti stabili mancano ancora l’acqua e il gas. Già , il gas. Nessuno però ha voglia di lamentarsi se si è appena salvata la pelle. Ringraziano gli «angioletti in cielo» le signore Filippa, 49 anni, e Pinella, 61.

Un capriccio del destino ha impedito che si trovassero nel bar-tabacchi nell’istante della tragedia. Entrambe hanno deciso proprio all’ultimo di non andare in quel negozio, optando per un altro nella direzione opposta. Stasera alle 19 l’addio alle vittime nella parrocchia della Beata Vergine, in viale Corsica.

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