Giotto e Leonardo come mascotte delle due fazioni

da Firenze

In extremis sono arrivati a Firenze anche il futurista Graziano Cecchini e l’assessore-critico d’arte Vittorio Sgarbi per contrastare il progetto di tramvia voluto dall’amministrazione di sinistra sul quale, oggi, sono chiamati a esprimersi 315mila fra fiorentini e stranieri residenti in città. Il referendum, voluto dal consigliere comunale dell’Udc Mario Razzanelli, da mesi sta spaccando la città in due. Ma non si tratta solo dell’ennesima battaglia fra il centrodestra contrario all’opera e il centrosinistra favorevole. Il sindaco del Pd Leonardo Domenici ha dalla sua parte tutta la nomenklatura (compresa Rifondazione che a Palazzo Vecchio è all’opposizione), ma autorevoli esponenti della stessa area politica, come il socialista Valdo Spini e l’intellettuale Franco Camarlinghi, hanno rivendicato il diritto di dire che il progetto è completamente sbagliato. Anche il mondo accademico è diviso: 52 docenti dell’Ateneo hanno sponsorizzato le tesi dell’amministrazione, ma l’ex rettore Paolo Blasi ha duramente criticato le modalità di realizzazione dell’opera. E se l’ex ministro Antonio Paolucci, il vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam, il cantante Andrea Bocelli, i comitati di Asor Rosa e gli ambientalisti di Carlo Ripa di Meana vedono come un’offesa alla città la costruzione del tram, soprattutto nella parte che taglia in due il centro storico, il leader del Pd Walter Veltroni, Legambiente, il comico Leonardo Pieraccioni, il presentatore tv Carlo Conti e anche la candidata sconfitta all’Eliseo Ségolène Royal, si sono schierati ufficialmente per la posa dei binari in città.
Anche se il sindaco ha detto che l’opera si farà indipendentemente dal risultato delle urne (i contratti sono già stati firmati), la campagna elettorale non ha risparmiato colpi bassi e lo stesso primo cittadino, di solito più presente sulle questioni nazionali come presidente dell’Anci (l’associazione dei Comuni) che non su quelle locali, questa volta si è buttato direttamente nella mischia. Solo nell’ultima settimana, Domenici prima ha accusato gli anti-tramvia di essere aiutati da gruppi di neofascisti, poi di scatenare fanatismi, tanto che, secondo la sua visione, oggi si correrebbe il rischio che a votare vadano solo gli «hezbollah» contrari all’opera. Ma è stato il fiorentino Paolo Bonaiuti a mandare su tutte le furie il primo cittadino: reo di aver rilasciato alcune interviste al Tg3 regionale, Bonaiuti, secondo Domenici, avrebbe fatto indebite pressioni sul servizio pubblico e alterato la par condicio. Parole che non hanno turbato più di tanto il portavoce di Silvio Berlusconi che da settimane va ripetendo di essere contrario a un treno sferragliante di 32 metri che passerà ogni tre minuti accanto al Duomo.
Sì, perché proprio il percorso delle tre linee è il principale oggetto della discussione, tanto che il deputato e coordinatore regionale di Fi, Denis Verdini, ha parlato di un vero e proprio sacco del centro storico.
I lavori per la linea Uno (7 chilometri e mezzo da Scandicci alla stazione), non oggetto di referendum, sono quasi completati: il tram dovrebbe entrare in funzione nella primavera 2009 e il Pd spera di trasformarlo in un biglietto da visita da poter utilizzare nella campagna per le elezioni amministrative, quando Domenici, avendo già fatto due mandati, non potrà ricandidarsi. Il punto più controverso è però il passaggio in piazza Duomo della linea Due (7 chilometri e mezzo dall’aeroporto a piazza della Libertà), sulla quale verte il quesito della scheda viola. Secondo i progettisti, i binari dovrebbero passare accanto al Battistero e poco prima di arrivare davanti al Duomo, famoso in tutto il mondo per la cupola del Brunelleschi, curvare sulla sinistra verso piazza San Marco. Tutto il centro sarebbe così invaso da pali e fili, tranne i 300 metri del Duomo dove Curia e comitati, dopo vibranti proteste, sono riusciti a spuntare che in quel tratto saranno apposite batterie montate sul tetto ad alimentare le motrici. La scheda gialla riguarda invece la linea Tre che va dal principale ospedale cittadino (Careggi) alla stazione: quattro chilometri lungo i quali il Comune dovrebbe abbattere la maggior parte dei 700 alberi (secondo l’amministrazione in cattive condizioni) d’ostacolo alla rete tramviaria. Imitando gli indios della foresta amazzonica, lo scorso autunno un gruppo di cittadini è vissuto, a turno, su un bagolaro, divenuto il simbolo della resistenza al tram.
Dopo una settimana, un blitz mattutino ha permesso di sradicare l’albero.

L’amministrazione ha promesso di ripiantare più alberi di quanti ne verranno tolti, ma la protesta è andata avanti fino alla fiaccolata anti-tramvia di venerdì sera, poche ore dopo il corteo dei sostenitori del progetto. «Anche Giotto vota sì», recitava uno striscione che è stato srotolato dalla cima del campanile e velocemente rimosso dagli uomini della sicurezza.

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