Er Canaro ha un motto: «Non chiedere nulla, non rifiutare nulla, andare a vedere sempre». È così, Giovanni Stella, tosto 63enne vicepresidente esecutivo di Telecom Italia Media. Parla per metafore, proverbi, piccole sceneggiature: «Sto sempre lì - dice - ai piedi del banano, in attesa che scendano i macachi».
Michele Santoro è già sceso dal banano della Rai, ma non è ancora salito su quello de La7. Che percentuali ci sono perché lo faccia?
«Direi al 50 per cento».
Solo?
«È una trattativa difficile».
O complessa?
«Sì, complessa. Ma prima dellinterruzione di agosto lo saprete».
Il punto discriminante è lesclusiva?
«No. Ci sono tante cose da quadrare. Santoro è una presenza pesante. Bisogna vedere a cosa è disposto a rinunciare lui e che cosa siamo disposti a dare noi. Lui ha la sua squadra, la sua storia. Noi abbiamo un palinsesto, degli assetti consolidati. Dobbiamo integrarci a vicenda».
Altri arrivi? Si parla della Gabanelli...
«Non siamo stati contattati».
Sareste disposti a assicurarle la tutela giuridica che la Rai non le vuol dare?
«Bisogna vedere che cosa significa. La difesa dalle querele? Bisogna vedere. Ma per ora non cè stato nessun avvicinamento».
E per la direzione, cè una rosa di candidati?
«In giro non vedo nessun Kakà. E comunque a noi piace trasformare in numeri uno dei numeri due».
Carlo Freccero non è un Kakà della tv?
«Sì, Freccero sì, forse è Ronaldinho. Un numero uno sopra un piedistallo».
Si parla anche di Paolo Ruffini.
«Le ho già detto il mio motto. Non chiedere nulla, non rifiutare nulla...».
Con Saviano e Fazio più Ruffini sareste la Raitre degli anni Dieci...
«Non voglio fare la nuova Raitre. Voglio far crescere La7. Ma non è questione di audience, serve per il circo. È questione dei giochi veri, la grana, la pubblicità che conta...».
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