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Il gip dà retta alla procura e archivia: "Danno economico, ma non c'è truffa"

Escamotage: chi guida un partito, associazione non riconosciuta, può fare quel che vuole dei beni. La sentenza ammette la vendita "low cost". Verso la causa civile per il risarcimento

Il gip dà retta alla procura e archivia: "Danno economico, ma non c'è truffa"

Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica

Tutto archiviato. Dopo sette mesi e mezzo, si chiude il fascicolo d’inchiesta sull’affaire immobiliare monegasco, nato all’inizio d’agosto su input di due esponenti della Destra, che ipotizzavano il reato di truffa a carico di Gianfranco Fini. Come noto, al centro della vicenda c’era l’alienazione a prezzo di svendita di un appartamento a Montecarlo, immobile che An aveva ricevuto in eredità nel 1999 da una militante, Anna Maria Colleoni, insieme ad altri beni mobili e immobili, per la «buona battaglia». La casa fu poi venduta nel 2008 per appena 300mila euro a una società offshore, la Printemps Ltd, con sede a Saint Lucia, e pochi mesi dopo passò ancora di mano da quest’ultima a una società off-shore gemella, la Timara, che vi mise come inquilino proprio Giancarlo Tulliani, «cognato» del presidente della Camera, per ammissione dello stesso Fini «intermediario» nella prima vendita, e per certificazione del governo di Saint Lucia «beneficiario effettivo» anche delle società off-shore proprietarie della casa.

Proprio quest’ultimo capitolo, e tutta la vistosa anomalia di un bene del partito che finisce al «cognato» dell’ex leader per una cifra risibile, è però rimasto sempre fuori dalle indagini. Che, da agosto a ottobre, si sono invece concentrate appunto su Fini e sull’ex tesoriere di An, Francesco Pontone - entrambi indagati per truffa fino a ieri - al fine di accertare se in effetti il prezzo di vendita era stato inferiore al valore di mercato, e se la circostanza fosse collegabile alla fattispecie di reato ipotizzata.

A ottobre erano stati il capo della procura Giovanni Ferrara e l’aggiunto Pier Filippo Laviani a chiedere di archiviare l’indagine, sostenendo che, pur provata la cessione a un valore molto inferiore a quello di mercato, non c’era stata «induzione in errore» (e dunque truffa) dei soggetti danneggiati, gli ex iscritti al partito-An. E ignorando del tutto le notizie che in quei giorni arrivavano dai Caraibi, dove il governo di Saint Lucia, in seguito a una fuga di notizie su un’inchiesta interna, aveva indicato nel cognato di Fini il «beneficial owner» delle società e, in ultima analisi, dell’appartamento.

E adesso il gip romano Carlo Figliolia, che per due volte nei mesi scorsi si era riservato di decidere in merito, e aveva anche acquisito le carte arrivate da Saint Lucia alla Farnesina, relative alla titolarità delle offshore caraibiche, decide di dar seguito alla richiesta dei pm e archivia tutto con motivazioni che sembrano copiate e incollate dalla richiesta della procura. «Nel comportamento degli imputati (Fini e Pontone) non sono configurabili gli estremi del reato di truffa in quanto per la natura stessa dell’ente (l’ex partito An), associazione non riconosciuta (partito politico) e per le prerogative di coloro che hanno agito, non si è verificata quella falsa rappresentazione della realtà», che era necessaria «per l’integrazione del reato ipotizzato». Dunque, anche se l’immobile è «stato ceduto a un prezzo inferiore a quello di mercato», chiude il gip, non c’è stata «induzione in errore dei soggetti danneggiati».

L’adesione alle convinzioni della procura targate ottobre è dunque pressoché totale, lasciando aperta solo la strada a una causa civile per danni. Resta da domandarsi per quale motivo i tempi di questa inchiesta votata all’archiviazione si siano così dilatati, e per quale motivo il gip capitolino abbia ritenuto di acquisire le nuove carte arrivate dal piccolo Stato insulare dei Caraibi per poi non tenerle in alcun conto nella sua decisione. Quelle carte, va ribadito, riguardavano infatti esclusivamente il ruolo giocato nella vicenda da Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, la compagna di Fini.

Che prima trova l’acquirente, e pochi mesi dopo va a vivere in quella stessa casa, di cui, stando alle notizie arrivate dai Caraibi, sarebbe lui stesso il proprietario, sotto copertura delle società off-shore.

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