Girardengo e Pollastro, destini incrociati

Costante Girardengo e il bandito Sante Pollastro «si conoscevano, si incontrarono a Parigi durante la latitanza di Sante e i loro destini si incrociarono al punto che il grande ciclista fu chiamato a testimoniare in aula nel processo» al bandito. Marco Ventura, autore del libro sul Campionissimo «Il campione e il bandito», conferma quanto scritto e respinge le critiche rivoltegli dai nipoti di Girardengo secondo i quali non vi fu nessun rapporto di amicizia tra i due. «Vedo che il mio libro Il campione e il bandito ha indotto i nipoti di Costante Girardengo a smentire che tra lui e Pollastro vi fosse un rapporto d'amicizia - afferma Ventura - Concordo che il nonno fu persona di indubbia moralità umana e sportiva, come ho sottolineato costantemente e senza ambiguità. Girardengo fu l'idolo di tutti gli italiani, l'emblema non solo sportivo dell'Italia che emergeva dalla Prima guerra mondiale».
«Aggiungo - continua - che non ho voluto raccogliere le voci di più stretti rapporti tra lui e il bandito».

Ma, sottolinea Ventura, «le testimonianze che ho scrupolosamente registrato e i documenti che ho recuperato in tredici anni di ricerche confermano che Girardengo e Pollastro si conoscevano, si incontrarono a Parigi durante la latitanza di Sante e i loro destini si incrociarono al punto che il grande ciclista fu chiamato a testimoniare in aula nel processo a Pollastro». «A Novi Ligure sono considerati campioni ciascuno nella sua “professione” - conclude Ventura - La loro storia non diminuisce, anzi esalta, la leggendaria figura del Campionissimo».

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