Cronaca locale

Giro via da Milano, un danno da cinque milioni

«Così va in fumo la reputazione. Si deve reagire»

I dané subito, la «faccia» a lungo andare. Se il Giro d’Italia - come pare certo - dirà addio a Milano, la città avrà un doppio danno. Economico, per cominciare. L’ultima tappa della corsa rosa vale 5 milioni di euro di indotto, cifra calcolata dalla Camera di commercio partendo dalla spesa media (benzina, panini, gadget) del turista sportivo. Ci sarà poi una ricaduta d’immagine che potrebbe frenare le ambizioni di Milano a ospitare grandi eventi sportivi. A partire dalle Olimpiadi.
A dirlo sono gli studiosi dei risvolti economici dello sport. Definiscono «un brutto segno» la scelta degli organizzatori della corsa rosa di trasferire dopo 18 anni l’ultima tappa, preferendo Verona a Milano. «Il Giro è nato qui, per la città è un enorme passo falso - dice Alberto Acciari, docente di Marketing sportivo all’università Cattolica -. La perdita economica non è drammatica. Il vero problema è un altro: se vogliamo immaginare un dato, potremmo dire che in un colpo solo Milano ha perso il 20 per cento della sua credibilità».
E gli effetti si vedranno nel tempo. «Per questo serve subito un colpo ad effetto per recuperare» racconta Francesco Giordana, docente di Comunicazione d’impresa allo Iulm. «La città non ha commesso errori, ma ha comunque perso un vento sportivo importantissimo - precisa il docente -. Subito non succederà nulla, i danni li vedremo fra 5-6 anni quando Milano si farà avanti per ospitare un grande evento sportivo (Mondiali di atletica o le stesse Olimpiadi) e qualcuno si ricorderà di questo, considerandola poco adatta per un avvenimento internazionale». Da qui il consiglio di Giordana: «Non si aspetti dei mesi per reagire allo “schiaffo”. Se la portinaia perde la fiducia in me, il giorno dopo non succede niente. Ma se dopo un po’ devo vendere l’auto, il rischio è che nessuno, nel palazzo, me la compri... I danni alla reputazione si scontano nel lungo periodo».
Nel caso del Giro, le conseguenze non si limitano all’Italia. Le immagini della corsa rosa vengono trasmesse in decine di Paesi. «Passa l’idea che si può fare un grande evento senza coinvolgere Milano - riprende Acciari della Cattolica -. Roma, puntando sui grandi eventi, ha aumentato il Pil cittadino del 7 per cento. Milano ha un problema d’immagine, che alla fine significa attrarre meno turisti e investimenti».
Ma di chi è la colpa? Secondo gli organizzatori del Giro, Comune e città hanno sopportato (più che supportato) la corsa. «Andiamo da chi ci accoglie a braccia aperte» dicono. Vale dire a Verona. «La dimensione della città non conta, a fare la differenza (e questa vicenda lo dimostra) è la creatività di imprenditori e politici - spiega Giordana -. Sono torinese ma lavoro a Milano da 23 anni. La città resta la locomotiva d’Italia, è cresciuta tanto e ora la sua élite politica ed economica sembra un po’ imbolsita». Serve una scossa, quindi.

Che secondo Acciari potrebbe arrivare anche da Sgarbi: «Eventi come il Giro vanno al di là dello sport, sono anche culturali».

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