Quattro colpi di pedale. Quattro passi in più da fare. Quattro secondi per un secondo: posto. Damiano Cunego sorride a denti stretti, perché è difficile da digerire un verdetto simile. Perdere un Giro di Svizzera dopo 1200 chilometri percorsi da autentico protagonista, dopo tanti attacchi, tante fughe e tante buone sensazioni. Lo sapeva anche lui, ieri mattina: o tutto o niente. Alla fine il niente è venuto sotto forma di un secondo posto dietro Leipheimer, che è già qualcosa.
Eppure adesso saranno in molti a dire: bastava fare quattro pedalate in più. Non perdere quei 12” l'altro giorno…
«Con il senno di poi sono tutti bravi a riscrivere le corse. Io in questo Giro di Svizzera ho dato tutto quello che mi era possibile dare - dice il veronese -. Levi Leipheimer è uno specialista del cronometro, io no. Lui ha fatto una prova maiuscola (vittoria di Cancellara, davanti a Kloeden e Leipheimer appunto, ndr): io ho fatto quello che ho potuto. Purtroppo non è stato sufficiente».
Quattro secondi per un secondo posto: e un buon motivo per sorriderci sopra?
«Ne ho almeno quattro. Intanto esco da questo Giro di Svizzera con un’ottima condizione fisica in vista dei tricolori di sabato a Catania e del Tour de France. Ho dimostrato di andare molto forte in salita e poi un secondo posto in una corsa difficile come questa non è certamente da buttare via».
E il quarto motivo?
«Sto molto bene anche a livello mentale. Quindi, ho fiducia per il prosieguo della stagione. Al Tour con quali ambizioni? Fare bene, senza calcoli o obiettivi. Tutto quello che posso fare o prendere, lo faccio e lo prendo».
A primo intertempo, dopo 9 chilometri ci siamo anche un po' illusi: pagavi solo 28” e potevi gestire ancora un vantaggio di 1’31”…
«Che io debba lavorare molto di più e meglio con la bicicletta da cronometro è evidente, ma è altrettanto vero che non potrò mai diventare competitivo come chi è naturalmente bravo nelle prove contro il tempo. Ognuno di noi ha delle caratteristiche, e io ho le mie».
A proposito di caratteristiche tecniche, ora si riaprirà nuovamente il dibattito: corse in linea o a tappe?
«No basta, non ne posso più. Io penso di poter fare bene sia nelle une che nelle altre. Se sto bene, io mi difendo su tutti i terreni e in tutte le corse. Basta con questi minuetti, abbiate pietà di me».
Quanto sei deluso, Damiano?
«Poco, ma non perché non ci credessi, ma perché sapevo che per vincere questo Giro di Svizzera ci sarebbe dovuto essere un miracolo. Già in mattinata, quando ho provato il percorso, ho capito che sarebbe stata durissima.
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