da Milano
Fosse una barzelletta inizierebbe così: ci sono un autoproclamato paladino della lotta alla mafia, una vittima della mafia e un difensore di pentiti. Oppure così: ci sono un girotondino, un diessino e un mastelliano. Non è una barzelletta, però, e non solo perché il finale non promette risate. Cè anche che la realtà supera la fantasia, nella pattuglia variopinta dei dipietristi che lo sfacelo della Sinistra porterà in Parlamento. Son 29 deputati e 14 senatori, nella scorsa legislatura erano 17 i primi e soltanto 3 i secondi tanto per rendere lidea.
È lItalia dei valori, signore e signori, là dove ognuno ha il suo, di valore. E poi dicono che Walter Veltroni avrà il suo bel da fare a conciliare i cattolici ex margheriti alla Binetti con gli anticlericali radicali alla Bonino. Quisquilie, a confronto. Che cosa abbiano da dirsi i dipietristi fra di loro, infatti, figurarsi con gli altri, è materia da sociologi della comunicazione, e qui non centra il contrastato rapporto del leader con la grammatica italiana. Per dire. Che gli diranno mai i colleghi alle riunioni del gruppo in Senato a Giacinto Russo? Ebbene sì. Dopo aver passato venti mesi a battagliare con Clemente Mastella in una specie di guerra di civiltà, uno scontro fra mondi diametralmente opposti, fra inconciliabili modi di intendere la vita e la politica e i valori, Antonio Di Pietro che ha fatto? Ha salvato dalle macerie del Campanile un ex Udeur, Russo appunto, assessore allIndustria in provincia di Napoli, uno che altrimenti avrebbe «saltato un giro», così Mastella ha definito la sua scomparsa dalle ultime politiche.
Fossero solo questi i problemi. Bisogna immaginarsela, per dire, la conversazione fra Teresa Cordopatri dei Capece, la lotta alla mafia quale unica ragione di vita da quando, era il 1991, il fratello Carlo Antonio fu brutalmente assassinato da un killer della mafia, Leoluca Orlando, una carriera politica costruita sullantimafia, e Luigi Li Gotti, lavvocato che ha tutelato la famiglia del commissario Luigi Calabresi, sì, ma ha anche difeso Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno e Giovanni Brusca.
Che poi: fossero almeno miti, questi dipietristi. Cerchi i loro interventi negli archivi e scopri che riescono a essere più realisti del re Tonino. Bugnano Patrizia, eletta nel seggio piemontese che fu di Franca Rame, leggere per credere. A Torino cerano le provinciali e lei criticava legemonia Ds e Margherita, proprio loro sì, nella scelta dei candidati parlando di «ambigue prese di posizione», «pesante ritorno al passato», «volontà di esclusione delle donne» e insomma: «È legittimo interrogarsi verso quale futuro una coalizione di tal fatta è destinata ad avviarsi». E se lo dice lei.
Sarà un gruppo alla «che cazzecca», ecco. Ci saranno i soliti noti, Aniello Formisano-Aniello Di Nardi-Stefano Pedica, ma ci sarà anche il primo parlamentare nero della storia della Repubblica, Jean Leonard Touadi, giornalista congolese già assessore a Roma. Ci sarà Giuseppe Giulietti, che porta il nome del più valoroso capitan Oceano e invece è solo un capitano di lungo corso, ex deputato Pds, poi Ds, giornalista Rai, capo dellUsigrai e via così navigando nelle acque della politica. Ci saranno gli amici del leader, dal cognato Gabriele Cimadoro al molisano Giuseppe Astore fino alla fedelissima Silvana Mura, tesoriera del partito nonché amministratrice unica della società attraverso la quale Di Pietro ha comprato due appartamenti, uno a Milano e uno a Roma, affittandoli poi, con discreto guadagno, proprio a Idv. Ci sarà Elio Lannutti, fondatore dellAdusbef, promotore dello sciopero della spesa, mandante della tentata (e fallita) consegna del tapiro doro ad Antonio Fazio lex governatore della Banca dItalia.
Fra le new entry Pierfelice Zazzera da Monopoli, dicono gli amici di lui: «Sorriso beffardo, amabile, risponde sempre al cellulare, rompiballe e guastafeste».
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