Politica

Il giudice conferma: perizia per la mamma di Cogne

Stefano Zurlo

nostro inviato a Torino

Il processo Franzoni riparte dalle fondamenta. La Corte d’assise d’appello ammette, sia pure non esplicitamente, che la condanna della mamma di Samuele nasconde un peccato originale: la sproporzione fra il crimine commesso, immane, e le motivazioni esili, anzi evanescenti. C’è un buco da colmare e i giudici cominciano a esplorare la strada psicologica: forse nella testa di Anna Maria Lorenzi c’è un abisso. Meglio, molto meglio tentare il carotaggio. Carlo Taormina, il difensore della signora, va avanti per un pomeriggio nel tentativo di far retrocedere la Corte dal proposito di ordinare una perizia psichiatrica. Taormina le prova tutte, ma a tarda sera il presidente Romano Pettenati, legge un’ordinanza in cui conferma la direzione tracciata. E indica il poker dei periti: Franco Freilone, Gaetano Di Leo, Ivan Galliano, Giovanbattista Traverso. «Adesso faremo l’analisi logica dei quattro ­ ironizza Taormina ­ ci sono quelli comunisti e quelli non comunisti». Poi, conversando con i giornalisti, il penalista si scatena: «Questo non è un paese civile nel quale si possa sperare che le regole giuridiche trovino applicazione». Non c’è niente da fare: le tabelle di marcia della Corte e della difesa non sono sincronizzate. Taormina voleva prima la perizia sulla stanza del delitto e poi, eventualmente, l’esame psichiatrico. Pettenati, inflessibile, scandisce un altro ritmo: prima i tecnici dell’animo, poi il 19 dicembre il ritorno sulla scena della villetta di Montroz di Hermann Schmitter. E una nuova analisi delle macchie, del sangue, del pigiama, insomma di tutta la geografia minuta dell’orrore. Un test complementare al pecedente nella logica a ventaglio della Corte.
«Anna Maria Franzoni ­ mette le mani avanti Taormina con tono quasi solenne ­ non collaborerà, non si farà interrogare dai periti, non parteciperà alle sedute. La perizia ve la farete sulle carte».
Il sostituto procuratore generale Vittorio Corsi prova a ribattere: «La perizia serve anche per capire meglio il senso di alcune frasi pronunciate dalla donna e carpite dalle microspie nascoste dai carabinieri». Quali sono questi brandelli di discorsi? Corsi legge un frammento di dialogo fra la Franzoni e il marito Stefano Lorenzi nelle settimane successive al massacro: «Mi sono messa in testa che sia stata lei. È malata. Ha gli occhi da strega. Non è stata colpa nostra, ma di una persona che non facendosi curare è arrivata a questo punto». «Anna Maria ­ riprende il magistrato ­ si riferiva ad una vicina». E allora?, verrebbe da chiedere. Corsi afferra il quesito che galleggia nell’aria: «Dobbiamo capire se la Franzoni non abbia proiettato sulla vicina alcuni tratti della propria personalità». Pettenati scuote la testa in senso affermativo e rilancia i «dubbi». Sì, tutti, anche gli otto giudici, vedono la strada sbarrata da molti perché senza risposta e si aggrappano ad una sensazione, ad una sfumatura, ad un fotogramma, per trovare un senso. Ogni dettaglio può andar bene, anche il fuori onda di un’intervista concessa dalla mamma di Samuele ad una rete Mediaset, dove la donna avrebbe chiesto al giornalista se aveva «pianto troppo».


«La perizia psichiatrica è illegale ­ rincara la dose Taormina che poi, però mitiga il suo giudizio ­ mi ha un po’ rincuorato un inciso dell’ordinanza in cui si precisa che l’aver disposto la perizia psichiatrica non significa che sia passato in secondo piano l’accertamento della responsabilità».

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