Il giudice minaccia l’arresto sindacato sospende lo sciopero

New York: i leader della protesta si arrendono e riprendono le trattative, ma la città ha perso un miliardo di dollari

Il giudice minaccia l’arresto sindacato sospende lo sciopero

Giuseppe De Bellis

Hanno mollato. New York si rimette in moto dopo la resa dei sindacati: sospeso lo sciopero che per due giorni e mezzo ha costretto sette milioni di persone a vagare a piedi. Le Union non ce l’hanno fatta a continuare la protesta: hanno avuto paura del giudice Theodore Jones che aveva minacciato di arrestare i loro leader a norma della Legge Taylor che proibisce lo sciopero per i dipendenti pubblici.
Si tratta di nuovo, allora. La Local 100, che rappresenta gli interessi dei dipendenti dalla Metropolitan transit authority, è tornata indietro, ha chiesto di tornare a sedersi al tavolo dei negoziati. Troppa la pressione della stampa e della gente. Perché a New York gli scioperanti non hanno avuto solidarietà. I cittadini li considerano dei privilegiati che hanno messo in crisi la popolazione senza macchina e senza soldi, che si sposta solo in metropolitana e autobus. Allora sono venuti fuori i compensi dei dipendenti della Mta: 56mila dollari all’anno di media, molto più dello stipendio di un operaio dello stesso livello d’una azienda privata.
La ripresa del dialogo è stata approvata dai leader del sindacato e dalla Metropolitan transit authority al termine di 48 ore di trattative con i mediatori statali che «hanno portato frutti», ha detto Richard Curreri, direttore del comitato di conciliazione. Non c'è ovviamente ancora intesa sul nuovo contratto di lavoro, ma entrambe le parti - ha detto Curreri - hanno mostrato «un genuino desiderio di risolvere le divergenze», divergenze che riguardano soprattutto mutua e pensioni. La proposta consente a Roger Toussaint di salvare la faccia. È stato l’uomo che ha cercato di mettere in crisi Michael Bloomberg. È il capo del sindacato che ha tenuto in scacco Mahnattan, Brooklyn, Queens, Bronx e Staten Island. Per molti è il resposabile dei disagi. Così ieri il New York Post aveva in prima pagina una sua foto dietro le sbarre: «Arrestatelo».
La ripresa post-sciopero è laboriosa: la maggior parte delle 6.300 carrozze della metropolitana sono state messe a dormire una accanto all'altra nei tunnel, mentre i 4.600 autobus sono sotto chiave in 18 depositi. Sono necessarie ispezioni alle attrezzature e agli scambi prima di rimettere in moto il meccanismo della più vasta rete di trasporto urbano degli Stati Uniti su cui viaggiano quotidianamente milioni di pendolari la cui frustrazione e la fatica per i disagi era cresciuta progressivamente con il passare delle ore di sciopero.
Quella frustrazione e quella fatica hanno alimentato le polemiche: New York si è fatta i conti in tasca e ha scoperto di aver perso a causa dell'agitazione oltre un miliardo di dollari tra spese straordinarie ed entrate mancate, cancellazioni delle prenotazioni in hotel e ristoranti. Negozi e ai grandi magazzini come Bloomingdalès sono stati costretti a chiudere le porte prima dell’ora stabilita per consentire ai dipendenti di raggiungere casa. E tutto questo nella volata finale dello shopping natalizio che molti a New York quest'anno hanno deciso di fare on-line.
Ma se la New York capitalista non ride, a piangere è soprattutto quella proletaria: per molti newyorchesi, soprattutto per la middle class che risiede a Manhattan lo sciopero è stato più che altro un inconveniente. Ma New York non è solo Manhattan. In strada la gente ce l’aveva con la Local 100: «Danneggiano la gente comune, non i pezzi grossi».

Lo sciopero è risultato paradossalmente impopolare in una delle città più progressiste d'America e ha sollevato polemiche razziali: il sindacato è stato costretto a chiudere un sito web rimasto intasato di commenti in cui gli operai venivano chiamati «scimmie». Abbastanza per capire che lo sciopero era durato troppo.

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