Il giudice: «O la figlia o il lavoro»

Se vorrà continuare a tenere con sé la figlia di tre anni, una donna separata, ora residente in provincia di Potenza, dovrà trasferirsi di circa mille chilometri, e inserirsi con la bimba in una comunita piemontese, possibilmente in provincia di Torino, dove vive l’ex coniuge. Lo ha stabilito il magistrato di Torino Maria Luciana Dughetti.
Nel provvedimento il giudice ha anche indicato le conseguenze di un eventuale diniego della donna: la figlia le sarà tolta e affidata a una comunità, «in previsione di una sua eventuale collocazione presso il padre». La donna, che ha 43 anni ed è insegnante di lettere in una scuola media in provincia di Potenza dove è nata e dove vive con la figlia, ritiene che il provvedimento violi alcuni suoi diritti costituzionali - dalla libertà di movimento alla scelta della residenza - ma soprattutto le imponga, di fatto, la rinuncia al lavoro e alla retribuzione. «Come darò da mangiare a mia figlia - si chiede - visto che ricevo dal padre un assegno di mantenimento di 150 euro al mese?».
La donna, saputo che il provvedimento non può essere impugnato ma solo modificato o revocato dal giudice, ha deciso di scrivere al presidente della Repubblica, al Csm e al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione. «Non abbandonerò mai mia figlia - ha scritto - ma non posso accettare che lo Stato, nella persona del giudice Dughetti, possa imporre a un cittadino la rinuncia al proprio posto di lavoro, il trasferimento della propria residenza e abitazione, e mascheri quest’ordine palese come un invito ad un adempimento spontaneo».
L’insegnante aveva avviato circa 5 anni fa una relazione con un operaio residente a Torino, e i due si erano sposati nel 2007, prendendo alloggio nel capoluogo. All’inizio del 2008, alle prese - a suo dire - con una gravidanza difficile, la donna era rientrata in Basilicata per avere assistenza dai familiari, ma da lì in poi la coppia non si è mai più riunita. Il 7 ottobre 2008 è nata la bimba, che il padre ha visto di rado. Avviata la separazione, è stato disposto l’affidamento condiviso, e la bambina è stata lasciata alle cure della madre. Il padre, lamentando inadempimenti da parte della donna riguardo agli incontri tra lui e la figlia, ha chiesto l’affidamento esclusivo.

Il giudice istruttore Dughetti ha detto di no, ma ha ritenuto di modificare il regime di affidamento alla madre, in base alle conclusioni, sfavorevoli alla donna, di una consulenza tecnica, che ha segnalato «gravissimi rischi evolutivi per la minore».

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