Cronaca locale

Il giudice è "perplesso", i vandali sono liberi

La battaglia di via Padova. L’ordinanza del magistrato che ha disposto di scarcerare gli stranieri fermati dopo la serata di guerriglia «Da polizia e carabinieri valutazioni suggestive». «Macchine rovesciate? Sì, ma il traffico non si è fermato»

«Ad una attenta visione del filmato si resta per la verità perplessi sullo svolgimento dei fatti: senza nulla togliere alla gravità dei fatti medesimi, non si percepisce, in realtà, un clima concitato o violento tra le persone né si percepisce paura; si vede la gente che cammina in tutte le direzioni. C'è chi sta fermo, chi chiaramente discute, chi guarda i danni; si vede una macchina rovesciata ma il traffico non è fermo né la strada bloccata; passa un pulmino della Polizia e si ferma più avanti (si vedono i lampeggianti riflessi in un vetro di una finestra) ignorando completamente il gruppo che viene identificato come violento che in realtà cammina. (...) Non è chiaro come si siano sviluppate le diverse azioni di danneggiamenti che hanno visto attivi certamente molti soggetti; a ciascuno degli indagati, peraltro, vengono attribuiti pochi episodi e talvolta poco significativi in relazione al concorso nel reato di devastazione».
È il passaggio centrale dell’ordinanza con cui il giudice preliminare Maria Grazia Domanico ha ordinato la scarcerazione di alcuni degli arrestati per la rivolta del 13 febbraio in via Padova, dove centinaia di immigrati nordafricani misero il quartiere a soqquadro per protesta contro l’uccisione di un loro giovane connazionale.
Il giudice - che valuta i fatti sulla base dei filmati depositati agli atti dell’inchiesta - sembra sdrammatizzare quanto avvenuto in via Padova. In più di un passaggio, inoltre, prende esplicitamente le distanze dalla ricostruzione dei fatti compiuta da polizia e carabinieri, parlando anche di «giudizi e valutazione suggestivi» da parte delle forze dell’ordine; e appare piuttosto perplessa anche sulla scelta della Procura di contestare il reato di devastazione: «appare opportuno che vi sia, da parte della pubblica accusa, una più approfondita verifica della effettiva sussistenza della gravissima ipotesi delittuosa contestata sotto il profilo dell'effettivo pericolo per l'ordine pubblico».
A convincere il giudice a scarcerare circa la metà dei fermati c’è anche la convinzione che, in condizioni «normali», non siano pericolosi: «I fermati non hanno altre denunzie a loro carico e le azioni da loro commesse, certamente molto gravi, appaiono peraltro strettamente collegate alla reazione collettiva rabbiosa che è scaturita dall’omicidio del connazionale e dal non aver trovato accoglienza ed ascolto presso il proprio consolato, con una progressiva degenerazione delle condotte commesse con modalità apparentemente spontanee e disorganizzate.

Non può pertanto ragionevolmente ritenersi che sussista un pericolo che i fermati possano commettere, in futuro, reati dello stesso tipo di quello per cui si procede».

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