Il giudice: "Rimborsate la tassa sui rifiuti"

Arrivano le prime sentenze dei giudici: "La Tarsu va restituita. E Regione e Comune devono risarcire i danni". Già pendenti 56mila ricorsi per un totale di 12 miliardi di euro. Napoli rischia il crac

Il giudice: "Rimborsate la tassa sui rifiuti"

«È lo spiraglio di legalità dei napoletani esasperati. Una battaglia per la nostra dignità». Angelo Pisani, avvocato, presidente dell’associazione «Noi consumatori», sta cercando di cambiare il corso della storia a Napoli. La storia finora ha voluto che i cittadini, gli imprenditori, gli albergatori fossero sommersi dalla munnezza. Costretti a camminare per le strade turandosi il naso e a starsene in casa con le finestre tappate perché il sole di Napoli brucia e il fetore della munnezza ancora di più. Ora la storia li sta spingendo nelle aule di tribunale. Perché con le responsabilità politiche si gioca allo scaricabarile e allora un po’ di giustizia da qualche parte deve stare.
Così due giorni fa, nel capoluogo campano, per la prima volta dall’esplosione dell’ultima emergenza rifiuti, un giudice di pace ha condannato il Comune di Napoli al rimborso della Tarsu, la tassa sui rifiuti. Cinquecento euro. Tanti ne ha ottenuti Maria Ciociola, una signora di Pianura a cui è stato riconosciuto anche il rimborso delle spese legali (650 euro). È la piccola-grande vittoria dei napoletani, un precedente che rischia di mettere nei guai non solo il comune di Napoli. Perché l’associazione «Noi consumatori», che già da qualche anno offre tutela legale gratuita ai cittadini esasperati dall’emergenza monnezza, giura che la causa intentata dalla signora di Pianura è solo la prima di una lunga serie. «La via giudiziaria è ormai l’unica che i cittadini possono percorrere per vedere riconosciuti i propri diritti», dice Pisani. E ora, oltre a alla domanda di risarcimento per i danni alla salute, per la lesione della dignità del cittadino, è arrivata anche la richiesta di rimborso della Tarsu. «Il codice civile dice che quando una prestazione non viene onorata, il cittadino ha diritto al rimborso. Così chi ha pagato una tassa sui rifiuti e i rifiuti li vede ogni giorno davanti al portone di casa sua, quei soldi devi averli indietro. I giudici dovrebbero solo applicare la legge».
Se così fosse, se davvero le cause in corso si concludessero come quelle della signora Ciociola, il comune di Napoli rischierebbe la bancarotta. Sì, perché sono 356 quelle già avviate solo nel capoluogo (72 vinte), che coinvolgono 56mila cittadini (una sorta di class action all’italiana: un cittadino avvia la causa e gli altri si aggregano nel corso della prima udienza). Quanto costerebbe tutto ciò al comune di Napoli? «Si arriverebbe a 12 miliardi di euro». Perché ogni cittadino potrebbe veder riconosciuto il rimborso della tassa sui rifiuti degli ultimi cinque anni (il resto addio, causa prescrizione) e i campani che hanno deciso di rivolgersi alla giustizia sono migliaia. Non solo a Napoli. A Pozzuoli sono 20mila i campani esasperati che si sono rivolti alla giustizia, 15.600 nel comune di Casoria, 8.920 ad Afragola, 5.430 a Giugliano e 1.320 ad Acerra. Numeri in grado di provocare il crac delle amministrazioni in questione.
Poi c’è la questione del risarcimento danni. Anche in questo caso un giudice di pace di Caserta ha condannato due giorni fa il Comune di Napoli e la Regione Campania al risarcimento di 500 euro. Non è la prima volta. E Angelo Pisani promette che non sarà l’ultima. «Rivolgersi alla giustizia dovrebbe diventare abitudine dei cittadini, non solo per ottenere il risarcimento, ma anche per punire i responsabili. La nostra è una battaglia di responsabilità. Se lasciamo che le cose vadano per il loro corso, il disastro resterà ancora a lungo sotto gli occhi di tutti. Così, invece, cerchiamo di fare in modo che chi sbaglia paghi». E se davvero i comuni, la regione, le società che hanno preso gli appalti per lo smaltimento dei rifiuti fossero chiamate a risarcire, la cifra dei 12 miliardi di euro potrebbe lievitare.
Sono cinquecento gli avvocati mobilitati da «Noi consumatori», poi ci sono 28 commercialisti, anche 5 medici legali, che si occupano di certificare i nessi di causalità tra le malattie sviluppatesi nella popolazione campana e la monnezza che ancora prolifera nelle strade. Il primo a battere la strada delle aule giudiziarie è stato proprio Pisani, il presidente dell’associazione.

«Era il 2004 e allora riuscii a ottenere un risarcimento di mille euro. Feci causa per dignità personale. Ritenevo ingiusto che l’amministrazione comunale chiedesse delle tasse e fosse poi la prima a disattendere gli impegni presi».

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