Giudice scopre il decimale che ci salva dall’etilometro

di Sara Bracchetti

Como - Ci sono cifre che sono solo segni grafici, senza la pienezza dei numeri né il loro prestigio. Misere dopo la virgola, subiscono il dispregio rivolto a quel che vale poco o nulla, trascurate dagli uomini, approssimate per comodità. Finiscono così per scomparire anche dove contano: perché il più delle volte, paradosso della loro sorte, contano zero. Così vien da pensare a chi legge 0,5: che sia 0,50, senza dubbio, sui quaderni di un alunno come sul codice della strada. L'avvocato che in un aula a Como ieri difendeva il suo cliente, però, non la pensava uguale, pronto a garantire che nessuno ha detto mai che un tasso alcolemico di 0,59 grammi per litro sia un illecito.

Tantomeno un legislatore, articolo 186 della normativa che disciplina il comportamento sulla strada: «Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da euro 500 a euro 2.000, qualora sia stato accertato un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro». Sei giorni di arresto, per il pm Maurizia Vezzoli, più 300 euro da pagare.

Il prezzo dell'«alito vinoso» di quel giovane, Guglielmo Mazzilli di Casnate con Bernate, che nel 2005, era il 29 maggio, fu fermato dai carabinieri per un controllo di routine. A supportare l'intuito degli uomini in divisa, ieri in aula a testimoniare e ribadire la colpa dell'imputato, un doppio test con l'etilometro, perché delle macchine è bene non fidarsi: una volta possono sbagliare, ma la seconda hanno ragione. E ai numeri invece come non dar credito? E quella sera non avevano lasciato margine al dubbio, confermando che nel sangue dell'uomo la quantità di alcol superava la soglia consentita per stare al volante. Verbale di contravvenzione, multa, denuncia e una lunga trafila per spiegare le sue ragioni, che ha volte hanno la fragilità di un secondo decimale.

«L'esame ha dato l'esito che potete leggere», ha spiegato l'appuntato dei carabinieri. «Quale?», ha incalzato l'avvocato, costringendolo a leggere così a voce alta ciò che ben sapeva. «Zero virgola cinquantanove la prima volta, zero virgola cinquantanove la seconda», ha scandito Luciano Maurizio, come a dare più autorevolezza e forza alla sua contestazione, adesso come allora: il conducente aveva esagerato, violato il codice, infranto la legge, andava punito.

Ma le cifre non erano certezza, anzi trappola per l'avvocato, tranello teso al teste per dichiarare all'uditorio che aveva torto. Lui, non la normativa, che invece è tanto chiara, precisa e perfetta più di quella matematica che sembra scienza esatta, ma poi lascia spazio alle discriminazioni. La legge invece ha un giusto fine, essere uguale per tutti, e per comprenderla serve stare attenti. «Se il legislatore scrive zero cinque vuol dire zero cinque, se avesse voluto dare rilevanza al secondo decimale l'avrebbe scritto», non lasciato all'interpretazione maliziosa di chi sfrutta l'ambiguità a proprio favore.

Zero cinque, vale a dire la metà di uno, e dopo il cinque viene il sei, non un decimale. Così Guglielmo se n'è andato assolto, perché il fatto non sussiste. E ha imparato che a volte non è vero che ciò che sembra piccolo e insignificante non ha importanza alcuna, e che le virgole non cambian nulla.

Succede invece che un giorno ti salvano dalle condanne, dalle multe cosiddette ammende, dalle macchie che per distrazione d'un attimo ingombrano la fedina penale immacolata, perfino più invisibili di un secondo decimale ma quanto più pesanti.