Al suo apparire, nel 1960, Il sindaco del rione Sanità di Eduardo De Filippo, al di là dell'entusiasmo dei critici e del grande successo di pubblico, destò non poche perplessità tra alcuni aficionados del Maestro. Quelli cui la santificazione del protagonista, un camorrista che per tutta la vita non ha fatto altro che sedare i bollenti spiriti della malavita organizzata, parve un tratto di eccessiva fiducia nella sostanziale bontà di chi, da padrino, esercita un potere assoluto sul popolo minuto di contro alla legittima tutela che si auspica dalle alte cariche dello stato.
Una tesi che in realtà è un abbaglio sostanziale. Perché Eduardo, nello sconsolato pessimismo che percorre da cima a fondo la mirabile commedia, adombra ben altro significato. Anche chi, in disprezzo ai codici, esercita un'autorità che si richiama motu proprio alla giustizia finisce stritolato dalla macchina che ha creduto di dominare e domare insieme.
Così Don Antonio Barracano che, in ossequio a questo imperativo, giunge al punto di truccare le carte sulla vera causa della propria morte (è stato accoltellato da un uomo indegno del nome di padre) per non scatenare la lotta fra le famiglie che compongono la ragnatela mafiosa, finisce per morire da vittima e non da carnefice. E fallisce nel suo estremo tentativo di garantire la pace perché, fin dalle sue spoglie, il medico delle anime e dei corpi che ne raccoglie l'eredità decide che solo dall'immane carneficina di un eccidio di massa potrà sorgere quel mondo «meno rotondo ma un poco più quadrato» che sognava il sindaco del rione Sanità. Tutto il testo infatti ruota attorno alle modalità che si dovrebbero puntualmente osservare per assicurare la civile convivenza di sudditi lieti di delegare, attraverso un patto sociale sui generis, la propria autonomia a un indiscusso principio superiore incarnato nell'uomo provvidenziale.
Uno due cento Antonio Barracano ci suggerisce Eduardo al termine di quello che è forse il suo capolavoro.
IL SINDACO DEL RIONE SANITÀ - di Eduardo Regia e interpretazione di Carlo Giuffré. Roma, Teatro Quirino, fino al 20 gennaio.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.