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Le giunte rosse pronte a punire chi ha lavorato il Primo maggio

È notizia che l’enclave rossa transappenninica minaccia sanzioni contro i sindaci di capoluogo responsabili di aver emanato ordinanze che hanno consentito ai negozianti di aprire gli esercizi commerciali il Primo maggio. L’iniziativa di libera apertura capeggiata dal giovane primo cittadino di Firenze in quota al Pd Matteo Renzi è stata emulata nelle Marche, ma l’esecutivo regionale del governatore Spacca valuta di comminare sanzioni agli amministratori locali che hanno trasgredito all’imperativo rosso di incrociare le braccia. La giunta marchigiana si associa alla qualificata protesta di commesse e Cgil: lavorare il Primo maggio è una bestemmia! Già in tempi di vacche grasse non sia mai che qualcuno osi tanto e ancor meno nelle Regioni a vocazione sindacal-assistenzialiste. Non ho mai compreso come si possa festeggiare il lavoro con il non lavoro e per esorcizzare una simile demenza ho sempre provveduto a sgambettare nel giorno della festa fatidica. Festeggiare l’anniversario di matrimonio con l’amante è da matti: parimenti la festa del lavoro andrebbe celebrata con la giornata più stakanovista dell’anno e non con trombe, bandiere rosse, concerti e fiumi di birra. Primo maggio: tutti un’ora di lavoro in più del solito in ringraziamento alla dea bendata che - insieme alla salute - ci concede la fortuna di un’occupazione soddisfacente o comunque retribuita. In alternativa la si chiami Festa della Nullafacenza o della disoccupazione così i vessilli rossi risulteranno più appropriati. Al pari del 25 Aprile quando, invece di celebrare gli alleati liberatori, pochi furbastri occupano non solo la piazza, ma anche la storia.
Non bastasse tale assurdità, qualcuno vuole persino sanzionare i sindaci che hanno egregiamente permesso a chi lo desiderava di lavorare: sfregio inusitato l’olio di gomito per i fannullones del progresso a parole. Siamo al ridicolo del ridicolo: i picchetti per legge imposti dai governatori rossi sospinti dalla Cgil a contrastare la libertà di pedalare con la propria bicicletta. Lorsignori rimangono ligi al credo del fancazzismo noncuranti della crisi economica e del collasso greco con le sue gravi ripercussioni sull’intero sistema economico dell’area euro. Primum non lavorare! Alla faccia del dettato costituzionale che, sempre sotto la dettatura filo-rossa, prevede all’articolo 1 che «l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro». «Quello degli altri», ovviamente, sottintende il sindacato italiano: per costoro l’erba del vicino è sempre più verde e il lavoro degli altri è sempre più gradito. Non si azzardino le maledette partite Iva ad alzare la serranda il Primo maggio, nemmeno se la bottega di famiglia è al flop, perché il rancio del compagno d’Appennino non prevede pane e companatico, ma l’illusione che le braccia incrociate siano una tutela della dignità umana. Balle. Un esempio: a Fano era di scena la rassegna nazionale di yacht con presenze da tutta Italia, di conseguenza il sindaco locale ha intelligentemente concesso ai commercianti l’opportunità di tirar su le serrande per sfruttare il massiccio indotto di visitatori. Manco a dirlo il primo cittadino è ora nel mirino sanzionatorio della demenza rossa dell’esecutivo regionale marchigiano.

Strano che la magistratura non si sia ancora inventata un reato di derivazione giurisprudenziale: associazione a delinquere di stampo lavorativo. Ricordate amici dell’Appennino: lavoro poco, piano e meglio se altrui. Soprattutto mai il Primo maggio perché, se ci sente chi sappiamo, rischiate la galera.
www.matteomion.com

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