Giuseppe, il baby-presidente di un fantacalcio

Che fa generalmente un quindicenne? Studia, risposta ovvia. E poi? Poi...si gode la famiglia, esce con gli amici, dipende molto dalle mode, gioca alla Playstation e vive degli ultimi ritrovati della tecnologia. Tutto qui? Secondo noi, fa anche altre cose. Ad esempio, ricopre un ruolo manageriale all’interno di un club. Dilettantistico, ma pur sempre un club di calcio. Lui, il quattordicenne (un po’ anomalo, visto e osservato il panorama dei coetanei) in questione, risponde al nome di Giuseppe Lilli, è nato il 7 aprile del 1993 ed è il presidente dell’As Cavaliere, squadra che milita nel girone A del campionato di Promozione. Per la cronaca è la squadra di Carsoli, che però gioca le partite casalinghe nella vicina Oricola.
Una gestione familiare (il papà Mauro, imprenditore nel settore petrolifero, risulta essere il presidente nell’organigramma consegnato alla Federcalcio; il primogenito Michele, 19 anni, è il suo vice; la sorella Elisa, ventunenne, è la tesoriera), una passione nata un paio d’anni fa, quando la famiglia Lilli decise di entrare in società dopo che la squadra aveva perso uno spareggio.
Giuseppe, che non può risultare nel grafico dell’organizzazione per ovvi limiti d’età, è il factotum e ufficialmente risulta come direttore sportivo. Tutti contenti, nel segno dei tempi che cambiano e che necessitano di menti giovani alla ribalta? Macchè, la decisione che non era certo piaciuta all’inizio ai tifosi locali. Ma sono stati prontamente smentiti dai risultati ottenuti in campo dal Cavaliere che, fra le altre cose, ha fra i tesserati, anche Morfeo junior. «Tratto direttamente i giocatori», spiega il baby-manager. «All’inizio sono perplessi. Ma poi - aggiunge - quando illustro i programmi e le strategie della società, si convincono e sposano l’idea». Il «ragazzino» ha le idee chiare. Spiega che il suo modello è Luciano Moggi («È una persona che mastica di pallone») e - a proposito di Big Luciano e in merito a Calciopoli - dichiara che «Moggi non è il male del calcio». Non ha confidenza con i libri, ma ha la fiducia della sua famiglia. Che l’ha iscritto a una scuola privata a L'Aquila, consapevole del fatto che Giuseppe dedica il tempo libero solo ed esclusivamente al football.

«Il calcio - annuisce - assorbe molto del mio tempo anche perché abbiamo una polisportiva di oltre 300 ragazzi del vivaio».
Il manager del futuro nasce così, senza stucchevoli stage e scuole «dedicate». Il manager del futuro si rimbocca le maniche e lavora, punto e basta.

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