Roma - L’aula del Senato ha bocciato l’emendamento sulla presenza dei presidenti dei consigli regionali forensi nei consigli giudiziari, presentato dal senatore della Margherita Roberto Manzione. I voti contrari sono stati 156, 155 i voti favorevoli e 2 astenuti (Giulio Andreotti e Willer Bordon). Finisce dunque il tormentone che ha fatto correre più di qualche brivido sulla schiena del ministro della Giustizia e dei big dell’Unione. Mastella aveva dichiarato che se la modifica fosse passata, si sarebbe dimesso. Invece può restare al suo posto. Almeno per ora.
La Cdl abbandona l'aula: "Non c'è più la maggioranza" Dopo la bocciatura dell’emendamento Manzione all’articolo 4 del ddl di riforma della giustizia Forza Italia, An e l’Udc hanno annunciato di voler lasciare l’aula del Senato e di non prendere più parte alle votazioni. A prendere la parola i capigruppo Renato Schifani, Altero Matteoli e Francesco D’Onofrio secondo i quali "non esiste più una maggioranza politica ed è stato determinante ancora una volta il voto dei senatori a vita".
Fini: "Voto politicamente immorale" "Con il loro voto, costituzionalmente legittimo, ma politicamente immorale, il presidente Scalfaro e i senatori a vita si sono assunti la responsabilità di alimentare il crescente disprezzo per le istituzioni. Perché un governo che non si dimette anche se non ha una maggioranza politica, è un insulto per la democrazia". È quanto ha dichiarato il leader di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini.
Schifani: "Intervenga il capo dello Stato" "Il governo ha dovuto fare ricorso ai senatori a vita e, dunque, non c’è più una maggioranza politica - dice il capogruppo di Forza Italia Renato Schifani -. A questo punto deve intervenire il presidente della Repubblica".
Castelli: "Napolitano sia coerente" "A questo punto deve intervenir Napolitano, che aveva chiesto a Prodi di mostrare di avere una maggioranza politica senza l’aiuto dei senatori a vita - dichiara il capogruppo della Lega Roberto Castelli -. A questo punto Napolitano deve essere coerente con le sue dichiarazioni di qualche mese fa".
Decisivi i senatori a vita e l'assenza di Cusumano (Udeur) Al momento del voto i senatori della Cdl presenti in aula sono 154, a questi si aggiunge il voto del diellino Roberto Manzione. 153 sono i senatori della maggioranza e che votano contro l’emendamento Manzione. A questi voti si aggiungono le astensioni di Willer Bordon e Giulio Andreotti, che valgono voto contrario. I no di tre senatori a vita: Rita Levi Montalcini, Oscar Luigi Scalfaro, Emilio Colombo. Senza questi quattro voti dei senatori a vita, vale a dire un’astensione e tre no, l’emendamento sarebbe stato approvato, con tutte le conseguenze per la vita della maggioranza e del governo. Nuccio Cusumano dell’Udeur spiega in aula che non è riuscito a votare per un disguido tecnico e quindi senza senatori a vita e con Cusumano votante, tra astensioni e voti contrari l’asticella sarebbe stata 155 per entrambi gli schieramenti, un pareggio con relativa bocciatura dell’emendamento.
Maggioranza sul filo di lana Già al primissimo scoglio, l'articolo uno del ddl Mastella, il governo si era salvato per un voto, quello del senatore a vita Andreotti. Ieri invece era andato sotto su un emendamento rispetto al quale si era pronunciato contro e che invece è stato approvato in aula. Il ministro della Giustizia è arrivato persino a minacciare le proprie dimissioni. Tra i partiti dell'Unione è scattata subito l'operazione "collante". Si tratta di tenere in piedi l'esecutivo, approvando la riforma entro domani e facendo meno danni possibili. Poi, passata la bufera, tutti in ferie in attesa della ripresa delle ostilità, a settembre, quando lo scontro all'arma bianca riprenderà per la Finanziaria.
Polemica Castelli-Montalcini "Mi rivolgo a Rita Levi Montalcini: è sicura che in questo momento, venendo a votare a comando, allustra la patria? Perchè lei si umilia e si abbassa a fare una parte così umiliante per lei e per la sua figura?". Con queste parole il capogruppo della Lega Nord Roberto Castelli ha attaccato la senatrice a vita. Il presidente Franco Marini lo ha invitato a "rivolgersi al presidente" ma Castelli ha ribadito il suo pensiero dicendo che "Rita Levi Montalcini che ha rappresentato tutto il Paese rifletta".
Manzione: "Ingiustizia contro gli avvocati" "È stata commessa una grandissima ingiustizia contro l’avvocatura ma considero il voto un dato tecnico. Prendo atto del voto dell’aula, ma per quanto mi riguarda finisce qui". Lo ha detto il senatore dell’Ulivo Roberto Manzione subito dopo la bocciatura del suo emendamento. "Non ci intravedo - aggiunge - la grandissima valenza politica attribuita al mio emendamento. Purtroppo quando la politica non sa appassionarsi alle grandi cose si dedica alle piccole e commette un grandissimo errore".
Salvi: "Il governo ora si dia una regolata" "A questo punto approveremo il ddl nei tempi previsti e spero che la Camera ce la faccia nei 15 giorni che mancano prima che entri in vigore la riforma Castelli il 31 luglio. Ma non è vero che con questo voto i problemi sono finiti". Lo dice il presidente dei senatori della Sinistra Democratica, Cesare Salvi. Secondo il presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama "c’è una difficoltà parlamentare della maggioranza data dai numeri ma soprattutto c’è una difficoltà del rapporto del Governo con il Paese. Il Governo si deve dare una regolata, non tanto per la sua fragilità in Senato, ma per lo scontento che esiste nel Paese".
Parla D'Ambrosio e scoppia la bagarre Nel corso del dibattito in aula il centrodestra ha duramente attaccato Gerardo D’Ambrosio, senatore ulivista ed ex capo della procura di Milano, che nel suo intervento ha ricordato "l’eroe borghese, avvocato Ambrosoli" assassinato 20 anni fa. Anna Bonfrisco di Forza Italia si è alzata e ha urlato: "Sei un assassino, sei un criminale. Oggi è il tuo giorno". D'Ambrosio riprende la parola e dice: "Scusate se vi ho disturbato..." Conclude così, l'ex magistrato, il suo intervento in aula che ha scatenato tante polemiche.
"Ieri - dice D'Ambrosio - ho sofferto molto in quest’aula. Non possiamo dimenticare che ci sono stati colleghi che hanno difeso faticosamente l’autonomia. Hanno perso la vita. Non lo dimenticate mai. Ci sono magistrati e magistrati". In aula scoppia il putiferio. Urla, schiamazzi, protesta, gestacci. La maggioranza si agita come un’onda. Il diessino Goffredo Bettini alza il dito medio in un gesto di sfida. Milziade Caprili, presidente di turno, cerca di riportare la calma, censura, richiama all’ordine.
Quando torna la calma il capogruppo di Forza Italia Renato Schifani censura il gestaccio di Bettini, chiede le scuse, avverte che la Cdl non cade nelle provocazioni.
Luigi Zanda accusa la Cdl di usare parole "inaudite e mai sentite in un’aula parlamentare". Alla fine del dibattito Milziade Caprili promette che informerà Franco Marini di "espressioni e gesti che ho visto, sentito, e mi hanno riferito".
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