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Tutti i nodi del progetto Usa e i margini per scongiurare la capitolazione dell'aggredito

La questione territoriale resta la più difficile da accettare per Kiev. Ma ci sono le garanzie sulla sovranità e lo scudo aereo in stile Nato al confine

Tutti i nodi del progetto Usa e i margini per scongiurare la capitolazione dell'aggredito
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Non è certo la pace giusta, ma nemmeno una capitolazione. Il piano Trump per l'Ucraina è un insieme di luci, ombre e non suona bene la condizione prendere o lasciare in sette giorni, al presidente Volodymyr Zelensky. Però, dopo tre anni e mezzo di devastante conflitto nel cuore dell'Europa, è meglio puntare al bicchiere mezzo pieno se vogliamo vedere la luce in fondo al tunnel. Per non parlare degli spazi di trattativa e delle controproposte che arriveranno dall'Europa. Il nuovo zar, Vladimir Putin, potrebbe anche cantare vittoria, ma sarà comunque di Pirro. Non è riuscito, come voleva, ad assoggettare l'Ucraina con una guerra lampo, facendola ridiventare un satellite di Mosca.

Per questo motivo il primo punto, fondamentale, sono le garanzie sulla sovranità ucraina e di sicurezza importanti anche per la Ue. Il piano impone "un accordo completo e globale di non aggressione tra Russia, Ucraina ed Europa". La contropartita "pesante", ma inevitabile, è che Kiev inserisca nella Costituzione il non ingresso nella Nato. Però l'Ucraina si vede spianata, per iscritto, la strada verso l'Unione europea.

La Nato non schiererà truppe sul campo, ma "caccia europei saranno dislocati in Polonia". In pratica uno scudo aereo a ridosso del confine ucraino. E soprattutto è prevista la garanzia principale, simile all'articolo 5, proposta per prima da Giorgia Meloni. "Se la Russia invaderà l'Ucraina, oltre a una decisa risposta militare coordinata - recita il punto 10 del piano - saranno ripristinate tutte le sanzioni globali, il riconoscimento dei nuovi territori e tutti gli altri vantaggi di questo accordo verranno revocati". I duri e puri, che non hanno mai sentito il sibilo di una granata, sostengono che la riduzione dell'esercito ucraino a 600mila uomini sia una resa. Attualmente Kiev conta, sulla carta, sul doppio di uomini. In realtà le brigate più combat sono state decimate e le riduzioni degli effettivi variano dal 30 al 50%. Non solo: l'iniziale richiesta russa era di 100mila uomini, che evocava una capitolazione. Oltre mezzo milione di soldati non è poco se teniamo conto che le nostre forze armate, per difendere l'Italia, hanno appena 190mila arruolati.

La parte più difficile da accettare è l'amputazione territoriale, dopo il sangue versato per resistere all'invasione. I russi, però, hanno di molto ridimensionato le pretese. Sulle zone occupate solo in parte, come Kherson e Zaporizhzhia, la linea del fronte viene congelata senza richieste assurde sul resto di queste regioni. La Crimea era perduta da tempo, ma il nodo cruciale rimane il Donbass. Le due regioni che lo compongono, "Luhansk e Donetsk saranno riconosciute come de facto russe, anche dagli Stati Uniti". Non basta che i russi si impegnino a ritirarsi da altre sacche sparse di territori. La linea rossa viene superata con la richiesta agli ucraini di ritirarsi "dalla parte dell'oblast di Donetsk che attualmente controllano". Meno del 20% del territorio della regione, ma è la linea del Piave di Sloviansk e Kramatorsk, dove tutto iniziò nel 2014, che gli ucraini hanno difeso con le unghie e con i denti. Un appiglio è che "questa zona di ritiro sarà considerata una zona cuscinetto smilitarizzata neutrale", ma che dovrebbe venire riconosciuta come territorio di Mosca. Una contraddizione tenendo conto che "le forze russe non entreranno in questa zona smilitarizzata". Chi amministrerà l'area neutrale? Forse potrebbe arrivare in soccorso l'Onu o l'Osce con qualche forma di amministrazione temporanea. Un punto da chiarire e trattare fino all'ultimo fra Mosca e Kiev. La stessa centrale nucleare di Zaporizhzhia tornerà ad operare sotto la supervisione dell'Agenzia atomica delle Nazioni Unite.

Un altro punto importante e inaspettato riguarda la ricostruzione: 100 miliardi di dollari di asset russi congelati (un terzo del totale) saranno investiti per rimettere in piedi l'Ucraina bombardata dai missili di Mosca. Trump da affarista con i denti aguzzi si è ritagliato "il 50% dei profitti" della ricostruzione per gli Usa.

In cambio, i russi verranno riammessi nel G8 e le sanzioni allentate con calma. Non c'è alcuna imposizione della lingua russa, ma il piano prevede che "l'Ucraina terrà elezioni entro 100 giorni" dalla fine delle ostilità.

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