In Italia tutti i colpevoli sono in definitiva un po’ innocenti e per forza di simmetria è anche vero il contrario. Collodi scrisse pagine definitive nel suo Pinocchio, quando lo mise nelle mani di un contraddittorio giudice scimmia. E così abbiamo imparato che la Fiat ha avuto ragione, ma che la Fiom non per questo aveva torto. Che la strage di Milano del 12 dicembre 1969 è stata una strage «fascista», ma tutti i fascisti imputati di quella strage sono stati sontuosamente assolti.
Ustica: il Dc9 Itavia fu
certamente abbattuto da una bomba e non da un missile, ma per l’opinione
pubblica messa a morte davanti al muro di gomma fu missile e gli
assolti furono colpevoli e viceversa, ma non troppo. E Andreotti? Non
fu forse definitivamente assolto al processo per mafia di Palermo dove
lo accusarono di aver baciato Totò Riina? Sì, ma al tempo stesso
Andreotti fu riconosciuto un po’ mafioso, appena un sentore, un
retrosapore. Innocente sì, ma con juicio ,
avrebbe scritto Manzoni. Come il senatore Dell’Utri, un uomo che di
volta in volta è dato ai margini, un po’ dentro o un po’ fuori, di
esili linee di associazioni mafiose per cui non puoi mai dire se il
bicchiere sia troppo pieno o troppo vuoto e se il disegno mostri due
profili che si guardano o un vaso da fiori. Dipende dalla disposizione
pirandelliana del momento, dall’ascendente zodiacale e dall’umore
italiano.
E Sofri? Non vogliamo riaprire l’antica ferita, ma
Sofri è stato condannato in ogni ordine e grado, aveva il suo studio in
prigione da cui diffondeva pensieri e scritti, finché ebbe un malore,
una crisi di vomito molto violenta se ricordiamo bene, e fu scarcerato e
restituito al mondo, un po’ come il militare condannato a morte nelle
strofette di Giusti, che prima viene fucilato salvo che «poi la grazia
arriva a trarlo in salvamento e torna al quartier contento a fare il
suo dover».
L’Italia non è l’America, nel senso di Stati
Uniti, dove nessuno può essere pro-cessato due volte per lo stesso
delitto, sicché un omicida che la faccia franca al processo poi può
scrivere le sue memorie e fare soldi a palate raccontando come strozzò
la moglie e la stivò in pezzi dentro al freezer. In Italia abbiamo tre
gradi di giudizio e se sei colpevole al primo puoi sperare nel secondo, e
alla fine c’è sempre speranza nello spareggio della Cassazione quando
ormai metà dei protagonisti sono andati in pensione o finiti sotto
terra.
Il che è un vantaggio per un sistema colloso,
obliquo, diagonale e spiraloide in cui tutti hanno sempre ragione, ma
non per questo gli altri hanno torto. Dove si può sostenere con successo
che un giornalismo mentitore, non è altro che una «linea editoriale» e
che coloro i quali si sbracciano in difesa della verità in se stessa,
come fatto e come valore, sono in realtà dei provocatori. Ai tempi del
terrorismo rosso una parte della sinistra, una parte molto ampia
peraltro, non sapeva decidersi: certo che lo Stato deve distruggere il
terrorismo, deve farlo con tutta la forza e gli strumenti di cui dispone
e deve farlo in maniera ferma.Ma, d’altra parte, come negarlo, le
Brigate rosse sono fatte di rivoluzionari e i rivoluzionari per
definizione devono attaccare lo Stato e dunque fanno il loro dovere di
ribelli e non li si può biasimare per la violenza che usano. Fra Stato
e brigatisti, chi scegliere? Tutti colpevoli, tutti innocenti, tutti
giustificabili, tutti condannabili.
Tranne uno che è, avrete indovinato, il cavaliere
del lavoro, dottor onorevole signor presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi, che è sempre colpevole senza se e senza ma, a prescindere.
Questo è un fenomeno curioso. Io non sono, come è noto, un difensore e
un fan dello stile di vita di quest’uomo e ne ho scritte tante e tali
sul suo conto da convincere questo stesso Giornale
che avete in mano a titolare uno sventurato articolo così: «Guzzanti
come Travaglio», intendendo uno affetto da un antiberlusconismo quasi
razziale, chiuso persino alle sfumature. Non, non sono un
berlusconiano fanatico anche se ho creduto in una rivoluzione liberale
che non si è mai vista, e non sono un antiberlusconiano razzista. Il
punto è che non mi è mai sfuggito e meno che mai mi sfugge oggi questo
fatto, che ha a che fare con l’antropologia, con la storia del costume,
forse con l’esoterismo. E cioè che se si tratta di Berlusconi,
innocente o colpevole che sia, scatta un riflesso condizionato di
colpevolezza preventiva, anch’essa a prescindere. Io sono convinto che
Berlusconi, come tutti i grandi tycoon italiani, ne abbia combinate
più di Carlo in Francia. E penso che se quest’uomo è accusato debba
essere processato in maniera riconducibile alla tradizione
democratica occidentale, senza trattamenti speciali,in un senso o
nell’altro e sempre avendo ben presente che le costituzioni liberali
contengono sempre meccanismi di tutela dell’esecutivo da
eventuali tentazioni del sistema giudiziario di sovrapporsi a esso e
prendere il comando. Io penso che Berlusconi si debba far processare
senza protestare, ma penso anche che il modo in cui vengono condotte le
accuse contro di lui e la sua parte politica contengano sempre e in
tutta evidenza anche, sottolineo l’anche, una parte politica indebita e impropria che in qualche misura altera e modifica, a senso unico,l’atteggiamento pubblico, e del pubblico nei suoi confronti.
Quando si tratta di lui, questo è cronaca, non si vede mai
quell’atteggiamento da «Sì, forse è colpevole, ma...» o «Sì, forse
è innocente ma...». No, nel suo caso, e soltanto nel suo e fin dal
giorno in cui l’imprenditore Berlusconi è diventato il politico
Berlusconi (ereditando in blocco l’eredità nera ed esoterica
dell’anticraxismo viscerale) la tempesta delle accuse credibili e
meno credibili, di ogni sorta e verso, dalla mafia al terrorismo, al
pubblico al privato, si è scatenata come uno tsunami continuo. Si badi
bene, non sto sostenendo qui una tesi innocentista a priori, ma non può
sfuggire che dal giorno in cui Berlusconi diventa un politico e
minaccia di far saltare (come farà saltare) certi piani e programmi
politici, si vede applicare un pregiudizio di colpevolismo a
prescindere, qualcosa di totalizzante, senza incrinature, senza dubbi e
tentennamenti, come se di colpo fossimo diventati un Paese
anglosassone, quelli in cui le cose, e le verità e i verdetti, sono
sempre bianchi e neri, mai sulle sfumature del grigio.
Le sfumature si applicano, e generosamente, a Sofri e stragisti, mafiosi e libici in quanto probabili autori della strage di Ustica, a brigatisti e giovani assassini (ricordate la povera piccola Erika che scannò il fratello nella vasca da bagno dopo aver fatto fuori la mamma? Non fu, in fondo, adorabile?), a nessuno si nega non solo l’attenuante, ma il beneficio del dubbio. A tutti, salvo che a questo grand villain Berlusconi che è avviato a correre sulle orme del cinghialone Craxi inseguito dalle picche e dagli spiedi di una torma di cavalieri con la celata sempre calata.
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