nostro inviato a Cernobbio Prova a smentire senza smentirsi. Giuseppe Cascini, il segretario dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), tenta di smarcarsi dalle imbarazzanti dichiarazioni pronunciate solo 24 ore prima. «Non è mai stata messa in discussione la legittimazione del parlamento democraticamente eletto a modificare una legge», spiega il pubblico ministero che venerdì aveva detto esattamente il contrario: «A mio avviso questa maggioranza non ha legittimità storica, politica, culturale e anche morale per affrontare questo tema».
Ma ormai la bomba è lanciata e tutte le puntualizzazioni e le retromarce travestite da precisazioni servono solo a fare sentire il fragore dell’esplosione. Che arriva anche a Cernobbio, al forum di Confcommercio, dov’è presente mezzo governo. Angelino Alfano, sorridente, quasi serafico per lo straordinario assist ricevuto, gli risponde davanti alle acque increspate del lago di Como: «Auspico che le parole del segretario Cascini vengano divulgate e che le ripeta pubblicamente perché sono la prova evidente della necessità e dell’urgenza della riforma». Insomma, il passo falso del segretario, sconfessato già venerdì, quasi in tempo reale, dal presidente dell’Anm Luca Palamara, diventa carburante per l’ambizioso e difficile progetto costituzionale del governo: «Noi - prosegue il ministro - crediamo che la riforma abbia legittimità e piena titolarità politica e morale per andare avanti».
Poi, garbata nelle forme, arriva la stoccata: «Sottolineo che il segretario Cascini è un pubblico ministero in servizio permanente effettivo e lunedì mattina riprenderà il suo lavoro alla procura di Roma, immagino con quale serenità».
Da Roma è proprio Cascini a trasformarsi in pompiere e a cercare di spegnere l’incendio da lui stesso appiccato: la frase incriminata, «è stata estrapolata da un discorso molto articolato ed è stata impropriamente riportata. Il mio intervento era una riflessione molto ampia sul contesto politico e storico in cui è intervenuta questa riforma. Ho ricordato il clima di aggressione che vi è stato, non certo un buon viatico per una riforma che necessita invece di un confronto quotidiano, di un clima di concordia e dialogo».
Testo e contesto, dunque. Ma il testo prima di tutto che Cascini, esauriti i distinguo, torna a criticare, perché «sposta gli equilibri fra il potere giudiziario e quello esecutivo in favore di quest’ultimo e ciò riduce drasticamente le garanzie di indipendenza della magistratura e dunque le garanzie dei cittadini». Esattamente il contrario di quel che da Cernobbio spiega Alfano; con la riforma le garanzie per i cittadini aumentano: «Accusa e difesa devono essere pari e il magistrato che sbaglia deve pagare». Sono i due pilastri della rivoluzione, sotto il cui testo Alfano piazza una didascalia che è un po’ un antivirus contro le polemiche preventive: «Questa legge non è contro la magistratura, questa legge è fondamentale per avere un processo giusto e non farla sarebbe omissione di soccorso verso i cittadini.
Oggi pm e giudice hanno la stessa carriera, lo stesso Csm, l’ufficio uno accanto all’altro e si danno del tu. L’avvocato invece deve dare a tutti e due del lei. E questa vi sembra la parità?»
La platea applaude, lui anticipa una possibile obiezione: «La riforma costituzionale non abbrevia, ci dicono, di un solo giorno la durata dei processi. È vero, ma non consideriamo questa una critica perché della durata dei processi, e in particolare di quelli civili, ci siamo occupati e ci stiamo occupando con altri provvedimenti». Alfano prende fra le mani un grafico che mostra la curva dell’arretrato civile: «Vedete, nel 2010, per la prima volta da trent’anni l’arretrato è sceso.
Duecentomila processi in meno. È un segnale importante, dobbiamo proseguire su questa strada. Per questo da lunedì partirà l’istituto della mediazione obbligatoria, per questo abbiamo stanziato 50 milioni di euro che serviranno per informatizzare la macchina giudiziaria».
Avanti con le riforme, quindi...
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