La giustizia in ritardo uccide le imprese: costa 2,6 miliardi l’anno

Una tassa non dichiarata da 2,6 miliardi di euro: è il tributo che le imprese italiane pagano alla giustizia perennemente in ritardo. È questo il risultato di un’elaborazione degli artigiani di Mestre, che ha sommato i costi legati alle lungaggini delle procedure fallimentari, spese burocratiche in primis, e dei procedimenti civili in genere, sia al primo che al secondo grado di giudizio. La stima è riferita al 2007, ultimo anno statisticamente disponibile, ma resta drammaticamente di attualità.
Così, una causa civile tra primo e secondo grado dura mediamente 4 anni,8 mesi e 21 giorni, di cui oltre la metà solo per il primo livello di giudizio: peggio ancora se si tratta di un fallimento, perchè il procedimento difficilmente si concluderà prima di 8 anni, 3 mesi e 23 giorni. É proprio quest’ultima la situazione più drammatica: nel periodo tra il 2000 e il 2007, infatti, la durata media delle istanze fallimentari è aumentata di ben 604 giorni, quasi due anni.
L’unica nota positiva, nota la Cgia di Mestre, arriva invece dai processi civili, la cui durata nello stesso periodo si è ridotta di 230 giorni per il primo grado e di 137 per il secondo grado. Ma siamo ancora lontani dagli standard di altri Paesi, tanto più che a livello territoriale ci sono situazioni anche peggiori, soprattutto nel Mezzogiorno. La maglia nera spetta alla Basilicata, dove la durata media delle cause civili di primo grado è di 1.463 giorni contro i 904 della media nazionale: segue la Puglia con 1.335 e la Calabria con 1.288. La regione più efficiente, invece, è la Valle d’Aosta, con una durata media di 614 giorni per i processi di primo grado.
Se traduciamo questi ritardi in costi per le aziende, otteniamo 1,09 miliardi per il malfunzionamento dei tribunali civili e poco meno (1,03 miliardi) per il capitolo fallimenti, a cui aggiungere 532 milioni di euro per le spese burocratiche collegate. Mai come nelle cause civili, dunque, il tempo è denaro: tanto più che le imprese coinvolte, sofferenti per la lentezza delle procedure, sono costrette a rivolgersi alle banche, con relativi oneri finanziari. E ovviamente il danno non riguarda solo gli imprenditori, ma anche i dipendenti, i fornitori, gli stessi consumatori, in quanto clienti delle aziende.


Senza contare che «il cattivo funzionamento della giustizia - fa notare il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi - costituisce un grosso ostacolo che allontana gli investitori stranieri dal nostro Paese. Per questo motivo, e non solo per il carico economico che devono sopportare, gli imprenditori avvertono sempre più la necessità di rendere il nostro sistema giudiziario italiano più efficiente».

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