Che Sofia debba avere un fascino particolare per il Cavaliere sta nelle cose, visto che dall’ormai celebre «editto» del 2002 si è arrivati ieri a una sorta di «predellino bulgaro». Con Silvio Berlusconi che dopo giorni di ragionamenti e confidenze con i suoi più stretti collaboratori sulla necessità di «un deciso cambio di passo» nell’azione di governo mette finalmente nero su bianco la via da imboccare per «prendere il toro per le corna». E se per un verso il paragone con quel pomeriggio del 2007 in San Babila è forse eccessivo, per un altro resta sempre lo stesso il filo conduttore. Come allora, infatti, il Cavaliere chiama in causa «il popolo» che - ribadiva in privato nei giorni scorsi - è «la mia vera e unica fonte di legittimazione». Per questo, nell’annunciare «la rivoluzione» del sistema giustizia con una «riforma della Costituzione» non esclude «l’intervento degli elettori».
Parole meditate quelle di Berlusconi. Che quando di prima mattina lascia l’Hilton di Sofia si avvicina ai giornalisti che lo attendono nella hall con l’aria di chi ha voglia di parlare. Si parte proprio dal nodo giustizia e se il premier premette che «non sono facili le scelte da fare» non nasconde di essere però favorevole ad una «riforma costituzionale» perché «la legge sulla riforma del processo penale che è già in Senato non è sufficiente». Insomma, è arrivato il momento di «prendere il toro per le corna». Con o senza la collaborazione dell’opposizione, perché «faremo come sarà possibile fare». Nel caso la riforma costituzionale non passi con una maggioranza qualificata di due terzi, però, interviene il referendum confermativo (lo stesso che qualche anno fa bocciò il federalismo). Eventualità che non spaventa il presidente del Consiglio, convinto che «un cambiamento così debba essere fatto anche attraverso il ricorso al popolo».
D’altra parte, insiste Berlusconi, serve una svolta che «faccia del nostro Paese una vera democrazia non soggetta al potere di un ordine che non ha legittimazione elettorale». Il Cavaliere non ci gira affatto intorno: «Dal momento in cui, nel ’93, è stata abolita l’immunità dei parlamentari, sono i giudici e non i cittadini che decidono chi può fare il parlamentare o meno e chi può continuare o meno a governare il Paese». «Oggi sta succedendo che una parte della magistratura molto politicizzata - insiste - interviene con l’utilizzo della giustizia a fini di lotta politica e poi, su su fino all’ultimo organismo dello Stato che è la Corte costituzionale, praticamente annulla le decisioni del Parlamento». Poi, l’affondo: «La decisione della Consulta è assolutamente non condivisibile. Praticamente la Corte ha detto ai pm rossi di Milano “riaprite la caccia all’uomo nei confronti del presidente del Conisglio”». Che, prosegue il Cavaliere sempre con tono pacato, «lavora tutto il giorno per gli italiani». Stasera, però, «dovrò incontrare i miei avvocati per preparare la difesa di due processi che sono fondati su accuse assolutamente false e risibili, portate avanti solamente come pretesto perché vogliono recare fastidio a un nemico che considerano il principale ostacolo a che la sinistra non possa avere la maggioranza nel Paese». «Io non ci sto, continuo tranquillamente a lavorare. E - assicura Berlusconi - per fortuna ho nervi saldi». Un concetto su cui tornerà nel pomeriggio a L’Aquila, inaugurando le case a Preturo. «Stia tranquilla signora - risponde a chi lo invita a “non mollare” - perché quando uno prende un pugno in faccia per un po’ gli fa male ma poi si riprende e va avanti».
Prima di lasciare Sofia, però, Berlusconi parla anche della Rai. I cronisti gli chiedono conto del giallo della sua annunciata telefonata ad Annozero. «Mi spendo in telefonate più divertenti», replica il Cavaliere negando di aver mai chiamato la trasmissione di Michele Santoro. Poi - dopo essersi scusato con Rosy Bindi per la sua battuta durante Porta a Porta («mi dispiace, era un momento di delusione») - qualcuno rievoca «l’editto bulgaro» del 2002 e il premier ribadisce di essere stato «come al solito male interpretato». «Ho solo parlato di uso criminoso della tv», dice. «Anche se alla fine - osserva - gli attacchi che arrivano dalla televisione pubblica ci portano voti. Insomma, se vogliono andare avanti in questo modo facciano pure».
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