Giustizialismo, morbo della sinistra

Stefania Craxi

La presenza di Andreotti e Forlani ha trasformato in un vero evento la presentazione a Roma del mio libro «Nella buona e nella cattiva sorte». È un libro che raccoglie la narrazione delle esperienze vissute da donne - madri, moglie, figlie - coinvolte nella bufera di tangentopoli a causa dei loro uomini. Storie in cui la sofferenza si accompagna al coraggio, alla forza necessaria per non lasciarsi sopraffare dall'ingiustizia, dalla diffamazione, dalla malvagità. Un libro simbolo, ho detto nel mio intervento, che potrebbe continuare per mille pagine con mille altre storie, a testimoniare che quell'infame crimine che è stata la via giudiziaria al potere (25.000 avvisi di garanzia, 5.000 indagati, 4.525 persone in carcere, 3.175 richieste di rinvio a giudizio, cui hanno corrisposto solo alcune centinaia di condanne e migliaia di procedimenti rivelatisi infondati) promossa dagli ex comunisti non è affatto sepolto né nella memoria né nelle sue conseguenze politiche.
Nel corso del dibattito ha preso corpo il tema d'attualità, quello che vede destra e sinistra polemizzare sull'uso della stampa e del mezzo televisivo. Con notevoli imprudenze ha aperto le ostilità Prodi che ha accusato Berlusconi di manovrare stampa e tv, di preparare liste di proscrizione e altre storie del genere.
È un’accusa che ricorda la storica capacità del comunismo di ribaltare la verità dei fatti, l'uso sistematico della diffamazione contro l'avversario di turno.
La verità è che la totalità dei quotidiani nazionali, con la sola eccezione del Giornale, di Libero e del Foglio, scrivono e tifano per il centrosinistra; e fra i giornalisti, compresi molti che lavorano a Mediaset, se dico che almeno l'80 per cento vota a sinistra, posso sbagliarmi per difetto ma non per eccesso.
Il Corriere della Sera, dopo essere stato il protagonista numero uno della campagna scandalistica che ha accompagnato Tangentopoli, è ora trasformato in una specie di organo ufficiale di Prodi e dei suoi alleati, alla faccia del «terzismo» del suo direttore Paolo Mieli e della amata tradizione liberale. La Stampa di casa Agnelli, per mettere le vele al vento che tira, ha addirittura liquidato il direttore, il moderato Marcello Sorgi, per affidarsi a Giulio Anselmi. Repubblica mantiene al comando più che mai Ezio Mauro.
Insomma, la squadra che, come ha riconosciuto l'ex caporedattore di Repubblica in un’intervista al Foglio di qualche anno fa, alimentava la piazza mediatico-giustizialista di Mani Pulite orientando le campagne di odio contro Craxi e Andreotti, si è ricomposta contro Berlusconi e Fazio. Non basta, adesso reclama anche un microfono per Santoro, Biagi e compagnia cantante.
Il libro che ieri ho presentato parla di oggi, non di ieri. È un atto di accusa contro il morbo che pervade la sinistra postcomunista e cattolica, il moralismo militante che si traduce troppo spesso in un moralismo militare: il giustizialismo.
Sono gli strumenti con i quali ieri, oggi, domani, i catto-comunisti con la complicità dei socialisti della sottomissione, della finanza di stampa azionista e dei soliti gruppi industriali, combattono i loro nemici.
Mi si chiede di archiviare Mani Pulite e guardare al futuro, che sarebbe a sinistra. Questo è un imbroglio. Prima di tutto perché se si vuole davvero archiviare Mani Pulite, occorre prima archiviare Violante, Veltroni, D'Alema, il Prodismo (la malattia senile del comunismo senza il comunismo), la magistratura militante.
Poi perché se noi archiviamo Mani Pulite legittimiamo la pretesa di seppellire Craxi e i cattolici liberali sotto il cumulo delle infamie che sono state commesse contro di loro.
Io vorrei che fosse ben chiaro questo concetto. La mia battaglia per la verità non è una battaglia di retroguardia, un’ostinazione per una corretta lettura di fatti ormai passati. È invece proprio il contrario, una battaglia per il futuro perché se non si riconosceranno la responsabilità dei Ds nel declino civile, politico ed economico del Paese, la genesi criminale del potere di cui oggi godono, non ci sarà mai una sana vita democratica, la sinistra italiana non potrà mai essere riformista, non potrà mai essere la forza determinante della stabilità della democrazia italiana. Non sono solo io a vedere la confusione che regna a sinistra.
Distrutto il Psi, la sinistra di origine comunista è un miscuglio di tutto e di niente, divisa in dieci pezzi, senza un retroterra culturale, senza un'idea vincente e convincente; un'entità inconsistente che può essere tranquillamente invitata a uscire dal socialismo e ad abbandonare l'Internazionale come ha fatto Rutelli, senza che nessuno abbia gridato allo scandalo.

È dunque una battaglia di verità che riguarda il futuro di tutti noi.

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