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Il giustizialista che prospera sul Cav

Roma«Meno male che Silvio c’è. Se Silvio non ci fosse chissà la vita grama del partito di Antonio Di Pietro». Europa, ex quotidiano della Margherita e ora voce dei Popolari del Pd, non risparmia calci negli stinchi allo scomodo alleato.
Il guaio è che si tratta di una flebile reazione agli sganassoni che l’ex magistrato assesta ogni dì alla «bocciofila» di Pier Luigi Bersani. E ora che si avvicina il «No-B day» del 5 dicembre, la kermesse antiberlusconiana di matrice Internet sulla quale i descamisados dell’Idv hanno messo il cappello, Di Pietro ha alzato il tiro, forte delle titubanze di Largo del Nazareno. Sul proprio blog il leader unico dell’Italia dei Valori ha attaccato ancora il Pd, «reo» di non voler patrocinare ufficialmente la manifestazione.
«Lo so bene, c’è qualcuno che dice “non ci vado perché non l’ho organizzato io come partito”. Anche Craxi disse “me ne vado al mare”, e si è ritrovato ad Hammamet», ha scritto l’ex ministro. Certo, il paragone non è appropriato: il segretario socialista nel 1991 invitò all’astensione al referendum sulla preferenza unica e su una «piazzata» difficilmente si sarebbe pronunciato se non con l’arma dell’ironia. Ma è una metafora forte: se il Pd non dà una piena e incondizionata adesione, allora vuol dire che è filoberlusconiano e dunque rischia di essere spazzato via quando arriverà il giorno del giudizio.
«Questo è il momento in cui almeno coloro che sono nelle istituzioni devono avere il coraggio e l’umiltà di mettersi in fila insieme al Popolo della Rete e partecipare tutti insieme affinché facciamo sapere a Berlusconi che non è il solo avversario politico Di Pietro ma il Popolo Italiano che lo vuole mandare a casa». Questo è il millenarismo dipietrista e questi sono i peccati irredimibili che sono contestati al presidente del Consiglio: «sta rovinando l’economia e la giustizia sociale» e «sta portando la dittatura piduista nel Paese». Perciò, «a casa, prima che sia troppo tardi».
Magari lo stesso Di Pietro non ha le idee troppo chiare sull’«ora X». Mentre sul blog pare che basti una bella manifestazione para-grillista per far sloggiare il premier democraticamente eletto, ospite di Maria Latella su Sky Tg24 l’onorevole lascia intendere che è tutto rinviato al 2013. «Dobbiamo sconfiggere Berlusconi alle urne, non possiamo fare la presa della Bastiglia», ha dichiarato.
La coerenza temporale non conta, l’importante è far passare il messaggio. E Di Pietro è una vera macchina da guerra mediatica: ha preso due piccioni con una fava. Ha pubblicizzato l’evento avvalendosi non solo di Internet ma anche del sostegno di Repubblica, del Fatto e di Annozero. E ha oscurato le polemiche interne all’Idv, lacerata tra la rapida ascesa di De Magistris e la fuga verso Rutelli di alcuni parlamentari. Infine, la stessa Unità, che del Pd dovrebbe essere l’house organ, ha preso a parteggiare per il «No-B day» a dispetto del segretario. Anche perché la base democrat, educata alla filosofia manettara nel lungo corso Pci-Pds-Ds, non ci sta a farsi scavalcare da Di Pietro.
Con buona pace di Bersani. Il quale da una parte invita i suoi alla calma e a future manifestazioni, come già fece il predecessore Veltroni.

Ma dall’altra non può nemmeno sedersi al tavolo di una trattativa, magari quella sulla giustizia (visto che i magistrati gli azzopparono Del Turco in Abruzzo senza che si sia ancora andati a processo). «La soluzione di Casini (il Lodo Alfano-bis; ndr) è peggio del male», ha detto Di Pietro. È proprio vero: per Tonino «meno male che Silvio c’è».

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