Giustizialisti contro Nichi: «Il vero censore è lui»

Anche i giustizialisti, nel loro piccolo, si arrabbiano con la magistratura. Soprattutto quando si sentono vittime del sistema che i loro leader vorrebbero difendere. È il caso di Carlo Vulpio, giornalista del Corriere della Sera e mancato europarlamentare Idv per un gioco di incastri che ancora gli brucia. Dipietrista sui generis, tanto che in campagna elettorale attaccava i leader locali del suo stesso partito, invocando una questione morale nell’Idv del Mezzogiorno, soprattutto nella «sua» Puglia. Nel mirino dei suoi articoli al Corriere, prima della discesa in campo, era finito persino il governatore pugliese Nichi Vendola. Alcuni articoli erano legati alla Sanità connection scoppiata dentro il Pd pugliese e al macroscopico conflitto di interessi dell’assessore regionale al ramo, Alberto Tedesco («Pd, ma di fatto uomo di Vendola», sostiene Vulpio). Ma a far infuriare Vendola è il pezzo contro il contratto firmato dal presidente per la realizzazione di una discarica in una zona in cui si trovano un bellissimo sito neolitico e una sorgente di acqua minerale.
In una deliziosa sorta di editto alle cime di rapa, il leader Sel chiama i vertici di via Solferino per lamentarsi. Lo scrive lo stesso Vulpio sul suo blog http://carlovulpio.wordpress.com: «In quella circostanza il direttore Paolo Mieli mi difese». In altre no, evidentemente, visto che la scelta di sfilare sotto le insegne Idv è legata alla decisione dell’allora direttore del Corriere di togliere al giornalista la famigerata inchiesta Why Not dell’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris di cui Vulpio si stava occupando.
L’editto vendoliano assomiglia un po’ a quello del premier contro Michele Santoro dalla Bulgaria, sostiene Vulpio: «Qualunque persona di buon senso direbbe che sono uguali». E invece no. Perché, è lo sfogo di Vulpio, non essendoci un «fatto personale» tra lui e Vendola, la questione è anche più grave, così come il silenzio di chi difende la libertà di stampa: «Quando il giorno dopo, su una spiaggia del Brindisino, viene trovato un finto ordigno con un messaggio indirizzato a Vendola come commissario straordinario per l’emergenza ambientale, il gentile e mite Nichi mi accusa di aver detto falsità e minaccia di querelarmi e fa capire che il mandante morale di questo segnale sono io. Il suo messaggio tendeva non soltanto a neutralizzarmi, ma a intimorirmi esplicitamente, con nome e cognome, e a mettermi fisicamente in pericolo».
La discarica viene poi sequestrata, Vendola non ci pensa proprio a querelare, ma Vulpio sì. «La querela alla procura di Bari sta ferma per due anni e mezzo. E quando chiedo al procuratore generale di avocare a sé il caso per inerzia del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale ecco che il pm si ricorda all’improvviso di essere molto amica di Vendola». Chi è la toga? Francesca Pirrelli, moglie del senatore Pd Enrico Carofiglio, pm eletto in Puglia ora in aspettativa. Dalla scrivania della Pirrelli finisce sul tavolo del procuratore, Emilio Marzano, che finalmente il 5 aprile prossimo andrà in pensione. «Lui è quello - ricorda Vulpio - della fallimentare inchiesta sui due fratellini di Gravina di Puglia, Salvatore e Francesco Pappalardi». E Marzano che fa? Chiede l’archiviazione della mia querela, che il gip accoglie. La motivazione? «È vero - scrive Marzano - che Vendola ha gravemente diffamato Vulpio ma è altrettanto vero che Vulpio aveva ripetutamente criticato Vendola, quindi si può ritenere quella di Vendola una reazione comprensibile».


Che meraviglia. Ma Di Pietro queste cose le sa? «Lui e De Magistris conoscono ogni cosa di questa vicenda e delle altre non meno imbarazzanti», ma coraggiosamente tacciono. Ah, se Santoro lo sapesse...
felice.manti@ilgiornale.it

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