«Non essere una lavandaia» in certi dialetti significa: non sperperare il denaro invano. Soprattutto se il portafoglio deve «piangere» proprio in una lavanderia, dove è consigliabile consultare il listino prezzi per non rimanere in mutande. Oggi, infatti, apprendiamo che 614 euro per il lavaggio e lo stiraggio di 10 camicie, 7 t-shirt e due paia di jeans, non sono state ritenute una cifra esosa e sperperata per il giudice di pace, che nello storico contenzioso tra un cliente e la tintoria Alberti, in piazza Castello 2, alla fine ha dato ragione a Giorgio Sanpellegrini, titolare dellesercizio commerciale. Il presunto danno a scapito del cliente era iniziato 2 anni fa, quando un italiano arrivato da Miami, ospite di un amico in via Borgonuovo, mandò il custode alla solita tintoria con qualche abitino da mettere a nuovo. Trovatala chiusa, il ragazzo portò i panni alla Alberti, che eseguì subito il suo preventivo, approvato dal custode ma non del proprietario delle t-shirt e dei jeans che, resosi conto della cifra, contattò il negozio per stoppare la commissione. Purtroppo il lavoro era già stato portato a termine e nei tempi richiesti. Luomo si rifiutò di saldare la somma pretesa, offrendo al massimo un pagamento di 200 euro. Non di più. Rimasto anche senza il suo guardaroba, trattenuto dalla lavanderia, si rivolse al giudice di pace, sostenendo che la cifra di 614 euro era dieci volte superiore allequa somma da sborsare per un lavoro del genere. Chiese anche il rimborso degli abiti che era stato costretto ad acquistare, mentre si trovava appunto in mutande per i capi trattenuti dal negozio. Alla fine il giudice gli ha dato torto.
Lenorme cifra è «giusta», perché tutta la procedura di consegna, con chiaro e impeccabile preventivo, si è svolta con chiarezza, con preventivo consegnato al custode. Nessuna malafede da parte del commerciante. Tutto in regola secondo la legge, sperando che 600 euro per pochi abiti non siano una regola per la morale dei lavandai.
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