«Giusto raccontare il cancro della città Da sempre l’arte è anche denuncia»

Da 18 anni gira il mondo con la sua orchestra per mostrare il volto migliore di Napoli. Da Londra a Tokyo, dai locali neri di New Orleans al Radio City Music Hall, il tempio della musica di Manhattan. Nato a Foggia («da madre partenopea, vorrei precisare») Renzo Arbore è cittadino onorario di Napoli per aver interpretato le canzoni tradizionali «di una città che rinasce». Ma conosce bene la realtà della camorra, «il cancro che uccide nei vicoli, che inquina le fontane, che frena lo sviluppo». Tra le migliaia di firme a sostegno di Roberto Saviano, c’è anche la sua.
Il vostro compaesano Cannavaro, però, fa intendere che i panni sporchi è meglio lavarli in famiglia...
«Avessimo fatto sempre così, non ci sarebbe stato il Neorealismo. Ed è anche grazie al Neorealismo che l’Italia è rinata, dopo l’orrore della guerra. Pure negli Stati Uniti il cinema racconta da sempre i limiti, e a volte anche la violenza, del modello americano. Guai se l’arte smettesse di denunciare i mali della società».
La Napoli che lei porta sul palco è distante anni luce da «Gomorra».
«Io e Saviano raccontiamo due città lontanissime, opposte, ma entrambe reali, che convivono nello stesso spazio di terra affacciata sul mare. C’è una “Napoli no” fatta di miseria, di sangue, di ingiustizia. Ma c’è anche una “Napoli sì” fatta di artisti, di poeti, di intellettuali. E di canzoni splendide, che ho il privilegio di interpretare».
Non teme che dopo «Gomorra» il pubblico americano possa ascoltare queste canzoni con orecchi diversi?
«Al contrario.

Io sono convinto che anche grazie a un’opera come “Gomorra”, nei prossimi anni la “Napoli no” riusciremo a sconfiggerla. E allora resterà soltanto una Napoli da scrivere e da cantare: la città più magnifica che abbia mai visto».

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