Il tema dello «stadio» è appassionante, incredibile per le attuali realtà politiche genovesi, frustrante per la stampa genoana, e stranamente «spiazzante» per quella parte della tifoseria sampdoriana eternamente pessimista.
La storia, in questo caso, non insegna nulla a molti individui che sono combattuti fra la riconoscenza a Garrone ed il rammarico di non potergli imporre nulla sul piano organizzativo.
Rammento che il grande Paolo Mantovani non aveva costruito in un giorno la Samp delle magnificenze europee e dello scudetto dell'era contemporanea.
Le soddisfazioni furono durature e sostanziali e soprattutto scritte nella storia del calcio cittadino che fino ad allora era stato univocamente costituito dai 9 scudetti genoani di inizio 900.
Il «dopo» lo conosciamo e può far parte dei fatti della vita.
In questa splendida città divisa fra mecenati obsoleti e partiti in regime di esclusiva elettorale, è difficile digerire un industriale come Garrone che prospetta uno stadio albionico ispanico, uno stadio tutto della Sampdoria, ma aperto alla città di Genova quanto a spazi, servizi sportivi, ecc.
È «seccante» per molti che remano sempre al contrario e che hanno numerosi capovoga scoprire che c'è qualcuno con i quattrini che voglia investire!
È mugugnabile tenuto conto di «quanto potrebbe guadagnarci»... lui che è già così ricco! Meglio discutere con i cugini genoani sul diritto di calpestare un prato erboso nord africano ovviamente in riferimento alla sabbia che spesso fuoriesce dal terreno di gioco.
Facezie.
Fondazioni, azionariato popolare e via dicendo. Gusto della bandiera per la bandiera. Sentirsi vivi solo quando perché si è!?! Lasciamo agli altri le glorie nelle bacheche e partecipiamo ad un futuro migliore per tutti!
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