Sergio Rame
Prendere e andare. Senza voltarsi. Con la sola speranza di poter far ritorno - prima o poi - nella propria patria. L'abbandono e la scoperta del nuovo si mischiano sincreticamente ne L'ultima sera di Carnevale, lo spettacolo di Lorenzo Loris ospite in questi giorni del Teatro Out Off.
È una delle ultime sere di Carnevale. Anzoletto, venditore di stoffe, sta per partire per la Moscovia per un impegno commerciale. Lungo viaggio: parenti e amici lo festeggiano, brindano a lui e gridano l'augurio di un felice ritorno. «I caratteri dei personaggi che vengono messi sul palcoscenico - spiega il regista - sono veri, semplici e piacevoli».
Un marito e una moglie che si amano e «taroccano» sempre insieme. Una donna che sa essere ammalata quando s'annoia e diventa sanissima quando trova da divertirsi. Un giovane che diverte gli altri divertendo se stesso. Un buon uomo, capo di famiglia, che sa unire alla più esatta condotta l'allegria e l'onesto divertimento.
L'ampio spettro della condizione umana sembra trovare, nella commedia di Carlo Goldoni, un'ottima rappresentanza mettendo dinanzi agli occhi del pubblico una molteplicità di coscienze tanto varia che diventa quasi impossibile non rispecchiarsi in almeno uno dei personaggi. La pièce possiede una sua intima vivacità. Corre leggera tra le anime di due paesi: da una parte Venezia, città in cui vive Anzoletto, dall'altra la Moscovia dove il protagonista deve recarsi con Madama Gatteau, merlettaia che, ormai da anni, risiede in laguna ma che è di origine francese.
In questo rincorrersi spaziale, anche i sentimenti sembrano far cerchio tra loro: malinconia e gioia sono i due stati d'animo che sempre troviamo nella vita di Goldoni, in cui si mescolano con rapidità incredibile fatti lieti e non lieti, fortune e sfortune che in un fluire senza fine si incastrano vicendevolmente. Goldoni è un uomo innamorato della vita.
«Se qualche scrittore volesse occuparsi di me, non per altro che per farmi dispiacere, perderebbe il suo tempo. Io sono nato pacifico, ho conservato sempre il mio sangue freddo e non leggo che libri di divertimento». Sono queste le parole che sigillano le sue Memorie e racchiudono sicuramente il significato profondo della sua vita avventurosa, della sua arte e del suo modo di affrontare le polemiche e le innumerevoli difficoltà.
La commedia venne rappresentata per la prima volta, nel Teatro San Luca a Venezia, il 16 febbraio 1762, la sera del Martedì Grasso. Aveva avuto soltanto tre repliche. Di lì a poco Goldoni avrebbe preso congedo dal suo pubblico per poi trasferirsi a Parigi.
«L'imminente partenza da Venezia e la coscienza di affrontare un viaggio faticoso e lungo all'età di cinquantacinque anni, un po' troppi per quei tempi perché potesse prevedere un facile ritorno dopo i due anni che avrebbe dovuto impiegare in Francia per il lavoro che gli era stato commissionato - spiega Loris - danno a questa commedia quella tristezza e quella malinconia che sono alla base di un atteggiamento fatto di equilibrio e di misura e che denotano la maturità artistica e umana, oltre che tecnica, raggiunta dall'autore».
È lo stesso Goldoni a parlare di «allegoria» nelle sue Memorie: «L'allegoria non è male adattata La similitudine sarebbe più vera se si trattasse di commedie a soggetto, nelle quali i comici ci mettono più del loro, ma può passare anche per le commedie scritte. E l'allegoria fu ben compresa, e gustata».
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