Sono tantissimi gli aneddoti che potrebbe raccontare Umberto Smaila, partendo dai compagni di scuola diventati colleghi, passando poi per la Milano da bere e il piccolo schermo, fino ai più patinati locali della Costa Smeralda. Compirà 74 anni il prossimo 26 giugno, ma c'è un altro traguardo che ha appena tagliato pubblicamente: 50 anni di carriera, festeggiati pochi giorni fa al Teatro Romano di Verona, sua città natale. Da un'idea di Giò Zampieri, grazie al supporto di Mauro Farina, ceo della casa discografica The Saifam Group, e l'agenzia Saifam Off di Simone Farina, «Umberto Smaila & Friends» ha riunito i Gatti di Vicolo Miracoli, perché sul palco, accanto al padrone di casa, sono saliti anche Jerry Calà, Franco Oppini e Nini Salerno, seguiti dagli amici di una vita, come Diego Abatantuono, Ale e Franz e tantissimi altri. Parte del ricavato dell'evento è destinato all'associazione senza scopo di lucro Uildm di Verona - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare.
Si ricorda il suo primo spettacolo?
«La primissima volta avevo 7 anni. Sono salito sul palcoscenico per un'operetta intitolata Ma chi è? al teatro parrocchiale delle Golosine, il quartiere di Verona in cui abitavo. A 8 anni i miei genitori mi iscrissero a corsi di recitazione, dizione e pianoforte al Cea (Centro Educazione Artistica) e ogni anno facevamo il saggio al Teatro Nuovo. Ricordo che al quinto anno interpretai una sonata di Beethoven molto impegnativa, per cui il critico musicale Carlo Bologna mi fece delle lodi sperticate. La polvere del palcoscenico è sempre sulle mie scarpe».
Negli Anni Settanta, coi compagni di classe Calà, Oppini e Salerno ha fondato i Gatti di Vicolo Miracoli e, sebbene vi siate sciolti, non perdete occasione per esibirvi insieme e ricordare quel periodo...
«Perché i gatti hanno sette vite (ride, ndr). Ci sono stati tanti gruppi musicali e gruppi di cabaret, ma noi probabilmente siamo stati gli unici, tra gli Anni Settanta e Ottanta, a provenire da una matrice comune: eravamo compagni di scuola e amici. E abbiamo portato avanti la tradizione popolare che vuole che i veronesi siano tutti matti. Abbiamo scelto il nome gatti perché sono graffianti, indipendenti e stanno lì a guardare quello che succede».
A quale canzone è più legato?
«Abbiamo vinto il disco d'oro con Capito?! nel 1979, ma sicuramente Verona Beat è diventata la più famosa. Incredibilmente hanno iniziato a intonarla allo Stadio Bentegodi tutti i tifosi dell'Hellas Verona. Ricordo ancora quando l'ho scritta: ero in un locale di Verona, l'Excalibur, ero seduto al pianoforte e improvvisai quella musica, Nini Salerno scrisse il testo e Carlo Vanzina se ne innamorò, al punto che la scelse come colonna sonora portante del nostro primo film Arrivano i gatti. Mi fecero i complimenti sia Venditti che Baglioni... immagina il mio stupore. All'epoca la provincia moriva al bar, adesso la provincia mangia ostriche e beve champagne».
Come siete passati dalla musica a Drive In?
«Jerry Calà era andato a fare cinema, noi eravamo rimasti in tre in braghe di tela e cercavamo di sbarcare il lunario. Andammo a fare lo spettacolo Dire fare baciare sull'emittente Antennatre Lombardia, dove c'era il presentatore Mauro Micheloni e Gino e Michele come co-autori. Un giorno ci chiamò Silvio Berlusconi per dirci che gli piacevamo, ma che era un peccato che ci vedessero solo in Lombardia. Vi mando a Drive In su Canale 5 (mentre lo racconta, imita il cavaliere, ndr), se avete problemi, chiamate questo ragazzo. Il ragazzo era Urbano Cairo».
La trasmissione più longeva è stata Colpo Grosso...
«Ci furono promotori e detrattori del programma. Per esempio piacque a Mikhail Gorbaciov che vide il programma durante una visita in Italia. Diventò matto e si fece fare una serie di videocassette da portare al Cremlino. Gheddafi invece minacciò di bombardare Lampedusa, perché in Libia avevano la parabola e riuscivano a vederlo. Feci arrabbiare perfino Ronald Reagan, perché una troupe aveva fatto un servizio su di noi e l'aveva mandato in onda durante il Saturday Night Live. Fu Mike Bongiorno a dirmelo: Smaila, hai combinato un bel casino (ride - ndr)».
È vero che le sue colonne sonore sono state scelte anche da Quentin Tarantino?
«È stato casuale. Nel 1977 avevo scritto la musica per il film La belva col mitra, con Helmut Berger orfano di Luchino Visconti (morto nel 1976, ndr).
Vent'anni dopo la videocassetta capitò nelle mani di Tarantino, che adorava i b-movie italiani: stava girando il thriller Jackie Brown e in una scena si vedono Robert De Niro, Samuel Jackson, Michael Keaton e Bridget Fonda che guardano La belva col mitra in tv, con la mia musica. Quentin mi chiamò per chiedermi il permesso di usare quella musica. Potevo non accettare?».
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