Al Gore, il Nobel per la pace che non tollera i giornalisti

E dire che l’hanno insignito del premio Nobel per la pace. Di certo ieri Al Gore (nella foto), l’ex vicepresidente americano arrivato a Milano per ricevere la cittadinanza onoraria, con i giornalisti presenti è stato tutt’altro che conciliante. L’ex politico americano ha dato infatti al suo staff indicazioni chiarissime riguardo alla stampa: niente domande. Di nessun tipo. Anzi: Gore si sarebbe anche lamentato con l’organizzazione della cerimonia per la presenza stessa dei giornalisti. Il motivo? A quanto pare il premio Nobel per la pace - che gira il mondo tenendo conferenze sull’emergenza inquinamento e surriscaldamento climatico -, non vuole che le domande dei cronisti rovinino l’effetto della sua oratoria. Poco importa se invece che a teatro si trova ad una cerimonia ufficiale in un Paese straniero.
Uno sgarbo istituzionale non privo di precedenti: Gore era infatti atteso a ricevere l’onorificienza già l’8 maggio scorso, dopo aver incontrato gli studenti dell’Università Cattolica. La premiazione era però saltata all’ultimo minuto, nell’imbarazzo generale, perché Gore avrebbe voluto evitare la sovrapposizione mediatica dei due eventi.
Passati i mesi e digerito il boccone amaro, per la giunta Moratti sembrava giunto il momento di consegnare con tutti gli onori del caso il riconoscimento, votato fra l’altro in tutta fretta dal Consiglio comunale a suo tempo con 42 favorevoli, 2 astenuti e un solo contrario.
E invece, altro che onori: Gore ha pensato bene di dettare le regole. Via libera allora ai siparietti, come quando, nello stringere la mano del consigliere dei Verdi Baruffi, ha commentato «Oh, good!».

O ancora, come quando ha accettato il cd di Celentano dalle mani di Milly Moratti. Ma le domande proprio no, mister Gore non le gradiva. Con buona pace dei giornalisti e del diritto di cronaca. O della semplice buona educazione.

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