Roma - Tre ore di riunione ad Arcore con Silvio Berlusconi e i triumviri del Pdl Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini a parlare - giura il ministro della Difesa - non certo di Giulio Tremonti ma di politica economica. Un’immagine che basta da sola a dare la misura di quanto freddo ci sia in queste ore tra via XX Settembre e Palazzo Chigi, visto che fino a qualche settimana fa sarebbe stato semplicemente impensabile scindere Tremonti dalle scelte di politica economica dell’esecutivo.
E invece è proprio questa la novità che arriva dalla riunione di Villa San Martino, buttata lì da La Russa mentre lascia Arcore e poi messa nero su bianco in un comunicato che a leggerlo tra le righe è inequivocabile. «Nel corso dell’incontro - recita la nota - è stata espressa piena condivisione della politica economica del governo». E per chi avesse dei dubbi sul riferimento all’esecutivo - s’intende il premier o il ministro dell’Economia? - è sufficiente passare alla riga successiva: «In particolare si è concordato sulla necessità espressa dal presidente del Consiglio di coniugare e contemperare l’esigenza inderogabile del rigore, da tutti condivisa, a quella della ripresa dello sviluppo economico. Tutto ciò in coerenza con gli impegni programmatici assunti davanti agli elettori». Un riferimento esplicito alla polemica degli ultimi giorni tra Berlusconi e Tremonti sul taglio dell’Irap che, guarda un po’, è nel programma di governo.
Fin qui l’ufficialità che, va detto, racconta lo stato dell’arte in maniera piuttosto eloquente. Negli ultimi giorni, infatti, nelle conversazioni private Berlusconi è stato chiaro: la politica economica la decide il premier che poi è quello che ci mette la faccia davanti agli elettori. La strada, insomma, era segnata e ad accelerare le cose è stata probabilmente la scelta di Tremonti di presentarsi al faccia a faccia di sabato scorso accompagnato da Umberto Bossi e Roberto Calderoli a fargli da guardaspalle. La «goccia che ha fatto traboccare il vaso», concordano i presenti al vertice di Villa San Martino. «Sulla quale - spiega uno di loro - si può sorvolare solo facendo un grosso sacrificio». Anche perché, proprio mentre è in corso la riunione, arriva la presa di posizione del Senatùr che dando la sua benedizione alla promozione di Tremonti a vicepremier non gli fa certo un favore. «Ormai Giulio è fuori dal Pdl», chiosa il Cavaliere che a tutto pensa in queste ore fuorché ad una promozione per il titolare dell’Economia.
Così, è inevitabile che Berlusconi e i triumviri concordino sulla necessità che la politica economica del governo sia frutto di scelte collegiali e condivise. D’ora in poi - è il ragionamento del premier - tutti devono sapere che non c’è una delega in bianco appaltata ad un solo ministro. Questa, dice con un pizzico di delusione, è una situazione di cui «sono stufo». I tira e molla tra Tremonti e i ministri (anche di peso) sono infatti all’ordine del giorno da mesi e pure con il Cavaliere sono stati molti gli alti e bassi, tanto che nei momenti più critici - quando il ministro dell’Economia era solito mettere sul tavolo le sue dimissioni - Berlusconi ha pure accarezzato l’idea di assumere l’interim dell’Economia fino a che non si fosse individuato un degno successore. Un modo per rispondere allo scetticismo di Tremonti che in privato non nasconde la convinzione che dopo di lui possa esserci solo «un semplice prestanome».
Insomma, concordano i presenti ad Arcore, «nessuno vuole avere voce in capitolo sulle misure del Tesoro» ma «è arrivato il momento di pensare a «politiche anti-cicliche e di sviluppo». Su cui saranno il governo e il Pdl a prendere decisioni. Per questo si attende l’ufficio di presidenza del partito (composto da 37 membri tra ministri, governatori e dirigenti) in programma il 5 novembre (ma non è escluso che venga anticipato). Perché in quell’occasione potrebbe essere messa all’ordine del giorno la nomina di Tremonti a vicepremier (il ticket sponsorizzato dal ministro dell’Economia prevede una triade: lui e Altero Matteoli in quota Pdl, Calderoli in quota Lega) e magari un qualche documento sulla politica economica del governo.
Se si andasse davvero al voto, Tremonti rischierebbe seriamente una sorta di sfiducia implicita del Pdl e forse è anche per questo che l’inquilino di via XX Settembre sembra aver tirato il freno a mano. D’altra parte, spiega rigorosamente off record uno dei presenti al vertice di Villa San Martino, «o la riflessione la fa Giulio oppure sarà fatta in sede di partito».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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