Roma - «Siamo d’accordo che il governo varerà la legge delega sul fisco prima di questa estate ». Il premier Silvio Berlusconi ha rotto gli indugi e nella conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri di ieri ha annunciato un’accelerazione sul tema più caro a Pdl e maggioranza.
Questo non significa che la pressione fiscale diminuirà significativamente dall’oggi al domani. L’obiettivo del Cav è giungere al varo del processo di riforma con l’ok del Parlamento prima della pausa estiva. Poi ci sarà l’iter dei decreti delegati che potrebbe richiedere sei mesi, ma anche più tempo come nel caso del federalismo fiscale. Le ipotesi di lavoro dei tavoli tecnici coordinati dal ministro dell’Economia Tremonti sono note: riduzione delle aliquote Irpef e Ires con spostamento della tassazione dalle persone alle cose (cioè aumento dell’Iva), più attenzione a famiglie e piccole imprese, sburocratizzazione e minore invasività dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia. Una nuova convocazione delle parti sociali è prevista la prossima settimana.
Non c’è dubbio che lasortita del Cav sia un messaggio nemmeno troppo cifrato al titolare del Tesoro con il quale c’è stato un vivacissimo scambio prima della riunione di gabinetto. Il barometro segna brutto tempo da quasi due settimane e superare l’impasse è doveroso. Ma non bisogna trascurare nemmeno un altro dato. Il premier ha rassicurato sull’entità della manovra. La manutenzione dei conti pubblici «sarà di 3 miliardi di euro» e «andremo avanti con un 0,7-0,8% del Pil». Per Berlusconi è «importante «non preoccupare i cittadini con cose che non sono vere » e il premier ha rassicurato la platea sostenendo che «sappiamo già dove andare a trovare i risparmi necessari».
Cifre alla mano, lo 0,7-0,8% di Pil vuol dire manovre dell’entità di 11-12 miliardi l’anno fino al 2014 che, sommate alla correzione da 3 miliardi, fanno circa 40 miliardi, ossia l’andamento configurato nel Documento di economia e finanza. D’altronde, Fmi ed Europa impongono all’Italia la politica del rigore e non si può negare che anche il premier abbia evidenziato la necessità di avviarsi verso il closeto-balance (il pareggio o addirittura l’avanzo tra entrate e uscite dello Stato). La meta non sarà raggiunta tutta in una volta attraverso una Finanziaria «lacrime e sangue», ma gradualmente. E sarà accompagnata dalla riforma del fisco.
Berlusconi l’ha detto chiaramente seppur cercando di non esasperare i toni e alludendo al confronto con Tremonti come di uno scambio di vedute «in termini rispettosi e civili». Per quanto i rapporti possano essere «rispettosi» e «civili», il superministro dell’Economia non ha la benché minima intenzione di discostarsi dal sentiero del rigore che sin qui ha seguito.
Il suo principale timore è che l’Italia possa fare la fine della Grecia se il controllo della stabilità fosse in qualche maniera allentato. E non ha certo timori reverenziali nel ribadirlo anche ad alta voce. Come nel periodo più duro della crisi globale si difendeva dalle critiche sostenendo che «lo stimolo ce lo siamo già dati negli anni ’70» e quindi c’era solo da tenere il debito sotto controllo, con la stessa vigoria ripete il concetto oggi.
Anzi, se fosse per lui, di riforma vera e propria del fisco si parlerebbe solo al termine del ciclo, cioè nel 2014. Che poi sarebbe l’anno successivo alla scadenza naturale della legislatura. Tremonti, però, non sembra curarsi più di tanto di risvolti elettorali.
Con la sua nemesi Mario Draghi (l’unico oltre a Berlusconi a porre l’accento sullo sviluppo oltre che sul rigore) in viaggio verso Francoforte, il ministro ha di recente incassato l’appoggio di cooperative, sindacato responsabile, Corte dei Conti e anche del thinktank montezemoliano. Una forza che farà pesare nei suoi interventi ai convegni di Confindustria e Cisl nel weekend.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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