Politica

Il governo «clona» l’accordo libico del Cav

Il governo «clona» l’accordo libico del Cav

RomaMonti veste i panni del diplomatico e tenta la scalata di Tripoli. Il premier italiano vola in Libia accompagnato dal ministro degli Esteri, Giulio Terzi, e da quello della Difesa, Giampaolo Di Paola, con una missione ben precisa: rinsaldare i rapporti con il regime post Gheddafi. Impresa di fondamentale importanza perché la Libia è la nostra «batteria» oltre Mediterraneo. Il Paese fornisce il 25% di petrolio e il 10% di gas del nostro fabbisogno nazionale. Ecco perché urge mantenere «buoni» rapporti con i libici che erano «ottimi» quando a Tripoli governava Gheddafi e a Roma Berlusconi. Rapporti sigillati dal trattato di amicizia Roma-Tripoli, siglato nel 2008. Trattato prezioso visto che, a fronte del pagamento di 5 miliardi di dollari come compensazione per l’occupazione militare italiana, il Colonnello si impegnava a chiudere il rubinetto del flusso di clandestini che partivano dalle sue coste, nonché a favorire gli investimenti delle aziende tricolore. Non solo: la Libia garantiva la fornitura di petrolio e gas sul medio e lungo periodo, accettando la presenza della nostra Eni sul suo territorio. E non è finita qui: il trattato apriva le porte a numerose commesse italiane. 2,3 miliardi per la costruzione di 1.700 chilometri di autostrade; la costruzione di un centro congressi; commesse per elicotteri e di tutti gli strumenti necessari per impedire gli sbarchi (radar, vedette, navi ecc...).
Monti sa che sono in tanti a sedersi al tavolo del business post Gheddafi. Fortunatamente l’Eni di Scaroni, ieri presente in Libia assieme al premier, è riuscito a tenere intatte le strutture petrolifere e a non chiudere le trattative per mantenere le nostre posizioni.
In ogni caso, pur senza entrare nel merito delle questioni, Monti strappa un «nuovo patto di amicizia» tra i due Paesi. Assieme al presidente del governo transitorio, Abdel Rahim al-Kib, il premier firma una dichiarazione in cui il nostro Paese vuole essere un «fattore di propulsione di sviluppo economico e di sostegno... alla ricostruzione della Libia». Da parte libica, invece, si sottolinea di voler proseguire «sulla strada degli accordi firmati guardando al futuro... attraverso commissioni tecniche ad hoc».
La ricostruzione è il piatto forte della visita anche se i dettagli degli accordi verranno limati soltanto in una «fase due». Fase che si aprirà in febbraio, quando a Tripoli voleranno i ministri dello Sviluppo economico e Infrastrutture, Passera, e quello degli Interni, Cancellieri.

Ma i primi passi sono buoni: il ministro della Difesa Di Paola firma un accordo che prevede l’addestramento di 250-300 libici in Italia, l’attività di sminamento delle aree a rischio nel Paese e la bonifica dei porti; confermato il controllo elettronico dei confini.

Commenti