Il governo dichiara guerra alla mafia cinese

Roma«A Prato c’è troppa illegalità, porterò la questione al prossimo Consiglio dei ministri». Il ministro per le Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, ha appena incontrato Roberto Cenni, il sindaco del comune toscano (il primo di centrodestra dopo 63 anni) e gli garantisce che il governo lo sosterrà nel suo impegno contro la criminalità. L’altra notte un’imprenditore cinese è stato ucciso con un colpo di pistola in faccia. Un episodio che preoccupa il sindaco perché indica come la questione cinese stia passando di livello, dall’illegalità alla criminalità organizzata. Non più soltanto aziende tessili clandestine, evasione fiscale, sfruttamento del lavoro nero, produzione di merce contraffatta.
«Preoccupano i fatti di sangue delle ultime ore ma anche i flussi di denaro, le straordinarie rimesse all’estero, l’apertura di attività commerciali che appaiono come una facciata per altri interessi - dice Cenni -. I flussi migratori sono aumentati ed è nato un distretto parallelo che non conosce crisi. Chiederò con una lettera al premier aiuti specifici per contrastare l’illegalità».
Ronchi condivide l’appello di Cenni e garantisce che si farà portavoce della questione nel prossimo Consiglio dei ministri che si terrà venerdì. Non solo. Annuncia pure che il titolare della Farnesina, Franco Frattini, incontrerà in queste ore l’ambasciatore cinese proprio per affrontare con lui i temi della sicurezza nel territorio di Prato.
E certo basta elencare le cifre per capire come la questione dell’illegalità rischi di esplodere. Prato ha circa 200.000 abitanti e il 20 per cento della popolazione è cinese. Nel 2009 i dati diffusi dall’ Agenzia delle entrate dicono che a Prato si è concentrato un terzo dell’evasione fiscale regionale, ovvero 5 milioni su 15.
Le aziende cinesi sono circa 4.500 e sono cresciute del 13 per cento nello scorso anno. Si tratta nella grande maggioranza di aziende tessili che producono abiti e accessori. Si stima che per ogni cinese in regola con il permesso di soggiorno ce ne sia almeno uno clandestino che lavora in quelle aziende. Per il 2009 Bankitalia ha calcolato che da Prato le rimesse inviate in Cina sono arrivate a 464 milioni di euro, ovvero il 7 per cento del Pil pratese.
Per contrastare la contraffazione e il proliferare di aziende che troppo spesso non rispettano le regole Ronchi insiste pure sulla l’importanza dell’etichettatura made in Italy.

L’etichetta, dice Ronchi, è uno strumento «concreto» che l’Italia ha chiesto più volte in sede europea per tutelare le imprese.
«L’azione di contrasto a chi produce nell’illegalità e all’afflusso di merci di scarsa qualità si fa anche con la certificazione», conclude Ronchi.

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