Il governo: «Giusto fare la moschea a Genova»

Il governo: «Giusto fare la moschea a Genova»

(...) sulla libertà religiosa in Italia. Detta come la dice lui fa così: «Mi sembra naturale che si debba prevedere che persone che hanno una religione possano avere un luogo dove professarla». Di più: «È necessario promulgare una nuova legge sulla libertà religiosa. Con la chiesa cattolica abbiamo il Concordato mentre le altre fedi sono considerate culti annessi, bisogna cambiare questo stato di cose che risale al 1929, il che è tutto dire». Anche se, naturalmente: «Le altre religioni devono operare in un clima di fiducia, reciprocità, impegnandosi ad adeguarsi alle leggi del nostro Stato».
Gongolano gli amministratori locali, all’urlo di: «La nostra solidarietà è già partita». Claudio Burlando il presidente della Regione, per esempio, presenta la legge appena varata dalla sua giunta e dice: «Si tratta di una delle prime leggi quadro approvate a livello regionale in Italia, dopo Emilia e Friuli. Siamo convinti che le questioni legate all’immigrazione non si risolvono con i muri, ma da un lato con attività delle forze dell’ordine, dall’altro con attività delle istituzioni per fornire risposte alla domanda di lavoro, di domicilio, di formazione, di integrazione culturale e di dialogo interreligioso». E in effetti, come spiega l’assessore all’Immigrazione Enrico Vesco, questo fa, fra le altre cose, la legge ligure: stanzia danari per aiutare gli immigrati a trovare alloggi dignitosi e ad avviare imprese.
Una buona legge approva Amato, il quale per favorire l’immigrazione legale propone l’istituzione all’estero di una specie di grande ufficio di collocamento, ricorda come «rispondere umanamente al bisogno di speranza non significa accogliere a braccia aperte la clandestinità» e poi torna a bomba: «In ogni paese ricco c’è una tigre cattiva che odia gli altri. Svegliarla è pericoloso e in alcuni paesi si è svegliata. Noi invece abbiamo bisogno di amore e di ridurre le ragioni dell’odio».
Per un Burlando che raccoglie consensi c’è un Giuseppe Pericu che ricorda la sua sfida alle leggi e alla Costituzione per il riconoscimento del diritto di voto agli immigrati per le elezioni amministrative e rilancia: «Ci piacerebbe che il governo ci consentisse di dare effettivamente corso a questo diritto fondamentale», dopo che il governo Berlusconi aveva bocciato le modifiche in tal senso allo Statuto genovese.
C’è un’unica voce isolata, qui a palazzo Ducale. È quella di Franco Frattini il vicepresidente della commissione europea, che severo avverte: «La Ue non può condividere la chiusura dei Cpt. Anzi, sta incoraggiando l’apertura di nuovi centri in altri Paesi europei».

Finisce con Ferrero che incontra i rappresentanti delle bande giovanili sudamericane Neta e Latin King. Si vedono al Teatro degli Zingari della comunità di San Benedetto, quella di don Gallo. Le bande dei vicoli, quelle magari un’altra volta.

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