Politica

Il governo ha fretta di spendere le entrate record

Vertice a sorpresa tra Prodi, Padoa-Schioppa e Damiano con Cgil, Cisl e Uil. I tre segretari chiedono di tagliare l’Ici e aumentare le pensioni entro le prossime elezioni amministrative

da Roma

Fare in fretta e chiudere il confronto nel più breve tempo possibile. Dopo settimane di tensioni e ultimatum tra governo e sindacati sembra tornare il sereno. E la ragione della schiarita consiste principalmente nel fatto che, a tre giorni dal via ai tavoli su pensioni e sviluppo, Cgil, Cisl e Uil hanno capito che anche l’esecutivo ha interesse a raggiungere presto un’intesa. Prima del Dpef (il Documento di programmazione economica e finanziaria), ma, se possibile, in tempi ancora più brevi. Prima delle elezioni amministrative del 27 e del 28 maggio.
A Palazzo Chigi, in sostanza, non dispiacerebbe capitalizzare in termini di consenso politico, il famoso «tesoretto», cioè le risorse liberate dall’extragettito e dalla crescita sopra le aspettative. «E a noi va bene così», commenta un sindacalista.
L’occasione per fare il punto è stato un vertice a sorpresa che si è tenuto ieri mattina a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio Romano Prodi e i tre segretari generali, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti e al quale hanno partecipato anche i ministri dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa e del Lavoro Cesare Damiano. Il governo ufficialmente non si è sbilanciato. Damiano si è limitato ad assicurare che al vertice «non è stato fissato nessun termine», però ha aggiunto che personalmente eviterebbe «che questo coincida con quello della Finanziaria».
Fondamentale la presenza del responsabile dell’Economia. «Ci hanno dato assicurazione che ci sono risorse disponibili, se no il tavolo» del 22 marzo «non si aprirebbe. Le disponibilità le vedremo alla fine», ha sintetizzato il leader della Cisl Bonanni. Padoa-Schioppa «ha ribadito che ci sono, ma che non le hanno ancora quantificate. E comunque non sono così elevate come viene raccontato», ha precisato il segretario della Uil Luigi Angeletti.
Il problema è che, da sole, le richieste dei sindacati valgono molto. Circa due miliardi per la rivalutazione delle pensioni, 2,5 per gli ammortizzatori sociali. Se poi nel braccio di ferro interno alla maggioranza prevarrà la posizione di Prodi e della Margherita, ci sarà il taglio dell’Ici sulla prima casa. Che dovrebbe costare altri 2,5 miliardi. In sostanza, anche se a Padoa-Schioppa fosse imposto di non utilizzare neanche un euro per ridurre il deficit, le risorse basterebbero appena. Le rassicurazioni al vertice di ieri non sono quindi servite a fugare del tutto i dubbi dei tre principali sindacati. Il timore di Cgil, Cisl e Uil è che il governo conceda oggi per presentare il conto in un secondo tempo. Per la precisione con la Finanziaria 2008 che, tra tagli e nuove entrate, potrebbe rimangiarsi tutte le concessioni fatte alla vigilia delle elezioni. Senza contare che sull’ammontare del tesoretto grava la sentenza sull’esclusione dal taglio del cuneo di banche e assicurazione. Se l’Ue desse torto all’Italia il governo dovrebbe trovare altre risorse. Nel merito, il governo punta più sulle famiglie che sulle imprese. L’ipotesi di tagliare l’Ici piace anche a Rifondazione comunista, ma non al viceministro Vincenzo Visco (Ds). Che ieri, ha cercato di raffreddare gli entusiasmi post vertice: «La priorità è mantenere il risanamento non comprometterlo».
La Margherita si è schierata contro l’idea di Padoa-Schioppa di tagliare le imposte alle imprese. «Non mi pare il caso. Prima viene la famiglia», ha detto l’ex ministro Tiziano Treu, assicurando che anche i Ds sono d’accordo. Archiviato, quindi, l’utilizzo delle risorse per sgravare le imprese, rimangono in piedi le altre richieste di Cgil, Cisl e Uil. Sulle pensioni, il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani è tornato a chiedere che il governo si presenti al tavolo con una sola voce. Damiano ha assicurato che sarà Prodi a rappresentare tutto l’esecutivo. E i segnali che il premier ha dato ai sindacati sono della più ampia disponibilità. Ad esempio sul rifiuto netto ad ogni revisione dei coefficienti di trasformazione, sulla base dei quali vengono calcolate le pensioni.

Al ministero dell’Economia resterà l’onere di fare i conti con i risparmi mancati e di spiegare all’Ue la rinuncia alle riforme previdenziali già in vigore.

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