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Il governo Monti va avanti, ma col freno a mano tirato

Un altro Consiglio dei ministri, un'altra fumata nera. Senza politica non si va da nessuna parte. Parigi e Berlino: "Se salta l’Italia, salta l’euro"

Il governo Monti va avanti, ma col freno a mano tirato

Roma - Consiglio dei ministri da ordinaria amministrazione e missione dell’Unione europea soft. La giornata di ieri era attesissima e non solo per le aste dei titoli di Stato. In agenda, un Consiglio dei ministri, il terzo del governo di Mario Monti, caduto in piena bufera dei mercati finanziari. Poi la missione dei commissari europei agli Affari economici Olli Rehn e al Mercato interno Michel Barnier, durante la quale - aveva annunciato il premier a Bruxelles - l’esecutivo avrebbe dato all’Europa i dettagli delle misure. Rehn che ha attirato l’attenzione dei media dichiarandosi fan di Guareschi («Mi piacerebbe scommettere che sia don Camillo sia Peppone avrebbero sostenuto il governo Monti») ha parlato di «una messe di informazioni molto utili» fornita dal premier, ma un elenco certo delle misure ieri ancora non c’era. Il politico finlandese si è limitato a indicare i rischi della situazione, ad apprezzare «l’approccio politico italiano alla crisi» e a invitarci a essere «aggressivi» sulle riforme.
La cautela di Monti è tattica, replicano dal governo: sbagliato fare annunci che potrebbero turbare i mercati. Gli equilibri politici hanno un loro peso e il governo è sensibile anche ai sindacati. Le riforme saranno «incisive» ed «eque, da fare con il concorso delle parti sociali», ha ribadito Monti.
Se ieri la politica economica si è mossa, insomma, lo si deve soprattutto all’incontro tra Monti e il ragioniere generale dello Stato Mario Canzio, durante il quale è stata fatta una ricognizione sullo stato delle finanze pubbliche. L’intervento della Ragioneria è stato già determinante nei giorni scorsi per il cambiamento di rotta sulle pensioni, annunciato implicitamente ieri dal ministro del Welfare, Elsa Fornero. Cioè un possibile stretta sulle anzianità, che potrebbe essere l’anticipo di «quota 97» (la somma dell’età anagrafica e l’anzianità contributivo) al 2012 per arrivare a quota 100 nel 2015, a scapito del piano che prevede il contributivo per tutti pro quota e l’uscita flessibile, che potrebbe essere rinviata o modificata.
I prossimi giorni sarà la volta della manovra da 15 miliardi. Sul fronte della previdenza ci potrebbero essere l’anticipo 2012 del meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita. Ma il centro rimarrà l’intervento sull’Iva. Le ipotesi in campo sono varie. La più forte consiste nell’aumento di due punti dell’aliquota ordinaria (dal 21 al 23%) e di un punto dell’aliquota agevolata (dal 10 all’11%). Un intervento così permetterebbe di incassare subito i circa 15 miliardi necessari alla correzione dei conti. Nel caso l’Europa ci permetta di scontare parzialmente la minore crescita (e compatibilmente con la spesa per gli interessi dei titoli dell’asta di ieri) una parte potrebbe andare a uno sgravio del costo del lavoro dall’Irap.
Certo l’intervento sull’Ici, probabilmente già dalla manovra. Potrebbe portare fino a 60 miliardi di euro, ma pare che il governo si accontenti di 5 miliardi. Cioè il ritorno dell’imposta anche sulla prima casa (probabilmente con aliquote diverse sulla base dei redditi) e una mini revisione delle rendite catastali. Resta in campo anche la patrimoniale, anche se in versione limitata ai grandi patrimoni.
La versione ufficiale del consiglio dei ministri di ieri mattina dice che è stata avviata la discussione «per identificare il percorso operativo da intraprendere, nel più breve tempo possibile». Possibile che arrivi entro il 9 dicembre, non in tempo, quindi, per l’Ecofin di martedì. Il limite dovrebbe essere il Consiglio europeo del 9 dicembre.

Per il resto Monti ha fatto la cronaca della sua due giorni tra Bruxelles e Strasburgo, spiegando che sia il presidente francese Sarkozy, sia la cancelliera tedesca Merkel si sono detti convinti che se dovesse crollare l’Italia, crollerebbe l’euro.

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