Il governo ora vuol cacciare i violenti. Via al decreto per "salvare" Roma

Dopo la telefonata con Veltroni, Prodi convoca d’urgenza i ministri per votare espulsioni più facili già previste dal pacchetto sicurezza

Il governo ora vuol cacciare i violenti. Via al decreto per "salvare" Roma

Roma - Ancora a sera, dopo aver parlato di «autentico orrore», invocato «rimpatri» e chiesto che dei «boccaporti aperti» della Romania se ne occupi l’Unione europea, Veltroni non perde occasione di dire che «la violenza» di cui è stata vittima Giovanna Reggiani ha «cominciato a manifestarsi nella nostra città da qualche mese». Perché «prima dell’ingresso» di Bucarest nell’Ue «Roma era la più sicura del mondo».

Un argomento, questo, al centro di una lunga telefonata con Prodi, che tanto spinse nei suoi anni alla guida della Commissione Ue per l’ingresso della Romania. Già, perché il risvolto tutto politico della tragedia di Tor di Quinto sta soprattutto nella duplice veste di Veltroni - sindaco della capitale e segretario del Pd - e nella messa in discussione di quello che fino a ieri è stato per molti il «modello Veltroni».

E tanto si va alzando la polemica che pure uno solitamente cauto ed ecumenico come il leader del Pd decide per l’affondo: «Servono iniziative straordinarie in materia di sicurezza».
Così, dopo qualche ora di consultazioni e un colloquio telefonico tra Prodi e il premier romeno Tariceanu, a Palazzo Chigi si decide per un Consiglio dei ministri straordinario che vari in tutta fretta un decreto sulle espulsioni (che di fatto accoglie le norme già previste nel pacchetto sicurezza approvato martedì scorso). Questa volta, però, senza le solite divergenze di vedute di sempre. Al punto che Prodi ci tiene a far sapere di aver contatto personalmente Pecoraro Scanio in missione a Tel Aviv e assicura che «i ministri della sinistra radicale sono tutti d’accordo». Anche perché, aggiunge, il Quirinale «ha condiviso la necessità di un provvedimento di urgenza». Tanto che qualche ora prima lo stesso Napolitano si era detto «profondamente impressionato per la barbara aggressione».

Una decisione, quella di Palazzo Chigi, che non placa però le polemiche. Mentre il ministro dell’Interno Amato ribadisce la necessità di «utilizzare il potere di espulsione per evitare che cose del genere possano ripetersi», dall’opposizione si alzano critiche dirette soprattutto a Veltroni. Perché, spiega Fini, «non servono nel modo più assoluto né vertici di emergenza né nobili affermazioni di principio». Quello che ci vuole, dice il leader di An, è la «demolizione delle baraccopoli abusive» e «l’identificazione e espulsione dei clandestini e dei cittadini comunitari privi di fonte certa di sostentamento, come espressamente previsto dalle normative europee». E pure il coordinatore azzurro Bondi parla di «trovata propagandistica», visto che fino a ieri «non si era riuscita a varare nessuna decisione operativa a causa delle divisioni tra i ministri» e si era dovuto «spacchettare il provvedimento sulla sicurezza in ben cinque disegni di legge e tre emendamenti alla Finanziaria». Insomma, dice Schifani, «c’è voluto un delitto così efferato perché il governo si rendesse conto che in Italia esiste un problema sicurezza».

Chiede le dimissioni di Veltroni, invece, il leghista Calderoli come pure il coordinatore del Lazio di Forza Italia Giro. Il colonnello leghista ce l’ha soprattutto con le parole del sindaco di Roma «rispetto all’etnia rumena». Che, dice, «se fatte dalla Lega ci sarebbero valse l’accusa di razzismo». Mentre sulla situazione di «degrado» della capitale punta l’indice Giro.

«Oggi - dice - ripenso alle parole sarcastiche che Veltroni rivolse a Berlusconi quando otto mesi fa per primo denunciò la presenza di favelas lungo il Tevere dove spesso si annidano criminali incalliti e sanguinari...». Perché, spiega la Santanchè, «la Roma di Veltroni è ormai come i ghetti di Soweto dove le donne vengono ammazzate e stuprate sotto gli occhi di tutti».

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