Il governo punta sul Demanio per guadagnare 32 miliardi

da Roma

Una caserma che diventa una scuola, un poligono di tiro trasformato in un parco a tema, un carcere promosso ad albergo. Il patrimonio immobiliare dello Stato affidato all’Agenzia del Demanio non si vende, come avrebbe voluto il neo segretario del Partito democratico Walter Veltroni, ma invece «si valorizza». Questa la strada indicata dal viceministro dell’Economia Vincenzo Visco, proprio alla presentazione del censimento di questo grande patrimonio che ora versa in stato di abbandono. Come si valorizzerà però non è ancora chiaro.
«In passato il patrimonio pubblico più fruttifero è stato venduto per coprire le spese correnti. Ora invece lo valorizzeremo per far reddito, creare ricchezza e valore perché se il patrimonio rende venderlo è inutile», dice Visco che poi fa cenno al progetto caserme ed al recupero di tutti i beni di proprietà della Difesa. «Trasformiamo la faccia delle città italiane coinvolgendo anche architetti internazionali», prosegue. Il lavoro però è tutto da fare: «La premessa era la conoscenza, ora il patrimonio va gestito».
Attraverso accordi tra il Demanio, il governo e le Regioni si darà il via alle gare per i progetti e la scelta degli architetti. In ballo l’utilizzo di case cantoniere, fari, caselli ferroviari.
Con la Regione Lazio ad esempio è già stato firmato il protocollo d’intesa per il recupero del Forte Michelangelo di Civitavecchia, l’ex fornace Sacchi di Guidonia, la caserma Sant’Angelo Basso di Gaeta. Il direttore dell’Agenzia del Demanio, Elisabetta Spiz, prevede un anno di tempo per valorizzare il patrimonio dismesso dalla Difesa.
Tutti questi beni, prosegue Visco «resteranno pubblici ma saranno dati in uso a privati a prezzi di mercato così che ci sia la convenienza per tutti».
Il viceministro si dice convinto del fatto che risultati si vedranno subito sul fronte dei costi: «In Finanziaria è previsto un risparmio di poco inferiore al miliardo proprio perché abbiamo visto che si poteva risparmiare su questo fronte. Ad esempio si pagavano fitti pari a due volte il prezzo di mercato. Ora c’è una procedura che lo impedisce».
E i conti sono presto fatti da Visco. «Il settore pubblico rappresenta un valore aggiunto pari al 20 per cento come quello dell’industria: un recupero di produttività del 10 per cento significa due punti di Pil (32 miliardi di euro, ndr) in più e non vedo perché dovremmo rinunciarci».
Entro la fine dall’anno poi arriveranno in gestione a comuni ed enti anche i beni sequestrati alla mafia, come previsto dalla legge.
Dopo aver bocciato l’idea di vendere lanciata da Veltroni, Visco fa appello al vicepremier, Francesco Rutelli, pure ministro dei Beni Culturali. «Il bello è anche il nuovo che può e deve essere costruito», teorizza Visco.

Insomma non ci si può far condizionare troppo dal passato e invece occorre prendere esempio da altri Paesi più coraggiosi e farci tentare anche noi dalle contaminazioni.
«Dovremo chiederci perché a Parigi si possono costruire Piramidi al Louvre e da noi nulla, tutto è bloccato», polemizza Visco.

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