Maledetta Corea. Questa doveva essere una giornata di passaggio, senza grandi scossoni, invece gli avversari di Berlusconi hanno approfittato del viaggio all’estero del premier per organizzare uno scacco al re. Obiettivo: convincere il Cavaliere ad accettare una crisi pilotata. Tutto è cominciato la mattina con una serie di manovre, incontri, minacce, trattative sottobanco più o meno diplomatiche. Bersani chiede a Fini il via libera per la sfiducia al governo. Non si aspetta un sì e invece l’ex alleato di Berlusconi dice: vai pure. Comincia la raccolta di firme. I finiani intanto fannosapere che se il premier non fa un passo indietro e va al Quirinale ritireranno i quattro ministri. Non è la crisi, ma un attacco concordato. Granata scopre le carte e dichiara che, pur di abbattere Silvio, il suo partito è pronto a allearsi perfino con Vendola. Poi fa marcia indietro. Ma ha detto la verità. È per questo che Berlusconi non si fida. Anche nel suo partito c’è chi spinge per una crisi pilotata e un Berlusconi bis con Casini e finiani. Facile a dirsi. Ma se poi il premier sale sul Colle e al ritorno scopre che lo hanno ingannato? Che questa è una manovra di Fini solo per farlo fuori? Il sospetto c’è.Il Cavaliere chiede garanzie. Le chiede a Napolitano. Ma la risposta non è quella sperata. Il presidente osserva, fa il neutrale, si spende a favore della stabilità, ma non lancia segnali per un reincarico. Anzi. Dice che lui è pronto a certificare quello che le forze politiche gli mettono sul piatto. Se è un Berlusconi bis bene, se è un’altra cosa va bene lo stesso. Le elezioni invece restano l’ultima ratio. Il messaggio al Cavaliere è chiaro: cavatela da solo. «Chiunque sarà chiamato a governare ancora o nuovamente dovrà affrontare le problematiche concrete del Paese». Questo dice il Colle, e quel chiunque è un macigno. Berlusconi in Corea non sa di chi fidarsi. Teme che come nel ’94 gli apparecchino un ribaltone. L’istinto è giocarsi tutto con nuove elezioni. Ma gliele daranno? I suoi uomini, quelli che sono con lui da quindici anni, alcuni ministri, lo invitano a rimescolare lecarte e allargare la maggioranza. Significa dare soddisfazione a Fini. Non la merita. È lui che ha buttato a mare un governo blindato e ora fa il salvatore della patria. Neppure in Parlamento, ma da Bastia Umbra e giocando tre parti in commedia: presidente della Camera, tutore della maggioranza e campione di tutti gli antiberlusconiani. È un po’ troppo. Incontri. Letta incontra Fini. Fini incontra Casini. Tutti incontrano tutti. Le ore corrono. E perfino Gianni Letta, con una mezza battuta, sostiene che i tempi del governo sono stretti. La palla passa alla Lega. Si aspetta l’incontro tra Bossi e Fini. L’appuntamento è oggi. Il Senatùr prova la mediazione, almeno per portare a casa il federalismo. Non è che si fidi proprio tanto di Fini, sa che gli tocca imbarcare nel governo i post democristiani di Casini (ancora più indigesti), ma spera nel miracolo. Solo che Fini in realtà mette sul piatto, con una scusa o con un’altra, non un Berlusconi bis, ma un Tremonti uno. È questa la sorpresa. Berlusconi prova il bis, non ci riesce e entra in campo la riserva.
E qui si gioca tutta la partita. Bossi dovrebbe fargli una pernacchia. Berlusconi in Corea pensa all’ultima mossa. Serve un colpo d’ala. Andare al Colle o giocarsi tutto alle elezioni? In tutti e due casi ci vuole fortuna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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