
La chiamano la "zarina" per il suo sguardo altero e il piglio sicuro. Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministro della Giustizia Carlo Nordio, rischia di essere chiamata dai magistrati a rispondere sul caso Almasri.
Bartolozzi, sicliana nativa di Gela, classe 1969, diventa avvocato nel 1996 ma tre anni dopo vince il concorso da magistrato. Dopo aver trascorso alcuni anni al Foro di Roma, torna nella sua Gela come giudice civile e penale. Nel 2009 si trasferisce a Palermo sempre giudice penale e civile, fino al 2013 quando vince di concorso per la Corte d’Appello di Roma con analoghe funzioni. Bartolozzi, sposata con l'ex vicepresidente della giunta regionale Siciliana di Nello Musumeci, Gaetano Armao, nel 2018 viene eletta deputata di Forza Italia, ma nel 2022 non viene ricandidata. Dopo la vittoria alla Politiche del centrodestra viene chiamata dal ministro Nordio a ricoprire il ruolo di vice-capo di gabinetto, ma da febbraio 2024 prende il posto di Alberto Rizzo e diventa capo-gabinetto. Stringe una forte amicizia col titolare di via Arenula tanto da venir ribattezzata "ministra" dai suoi detrattori.
"Da quando abbiamo ricevuto le carte della Corte Penale Internazionale a quando è stato scarcerato Almasri sono passate solo 24 ore. Non c’è stato alcun ritardo. Abbiamo seguito le procedure in maniera corretta", ha detto ai suoi fedelissimi commentando le indiscrezioni secondo cui anche lei possa essere chiamata dai magistrati a rispondere sul caso Almasri. "Ha passato la giornata a lavorare. Non teme assolutamente nulla e quando potrà chiarirà qualsiasi dubbio", ha rivelato al Corriere chi lavora con lei a Largo Arenula. Negli scorsi giorni non ha nascosto il proprio fastidio nei confronti del capo dell'Anm. Cesare Parodi, infatti, intervistato da Radio anch’io, si è soffermato sui possibili "riflessi politici" di una indagine carico di Bartolozzi senza precisare se fosse a conoscenza o meno di questo. Dopo due ore, Parodi, accusato di essere conoscenza di dettagli relativi a un’inchiesta della quale nemmeno Bartolozzi era a conoscenza, si è scusato affermando di non aver mai pronunciato quella frase. Secondo quanto scrive Il Corriere, le avrebbe anche inviato un messaggio con allegata la registrazione dell’intervento radiofonico per chiarire l'equivoco. Bartolozzi, anche quando sono filtrate le indiscrezioni sulle raccomandazioni a gestire la vicenda nella massima riservatezza usando Signal al posto delle classice mail, ha confidato ai suoi collaboratori che "questioni delicate che attengono alla sicurezza nazionale non potevano essere scambiate su una casella mail letta da mezzo ministero". Il ministro l'ha subito difesa con una nota durissima del Guardasigilli in aperto contrasto con Parodi, un gesto che allontana le sue eventuali dimissioni. Nella maggioranza serpeggia il sospetto che un eventuale processo a suo carico richiamerebbe in causa la premier Meloni, la cui posizione è stata appena archiviata. In questo caso, lei e i ministri coinvolti sarebbero chiamati testimoni e non sarebbero coperti da immunità parlamentare o di governo.
Ma, qualora fosse, il governo si rifarebbe al comma 3 dell’articolo 9 della legge costituzionale 16 gennaio 1989 che prevede che, se il reato viene commesso da più soggetti in concorso tra loro, sia l’assemblea a indicare a chi "anche se non ministro o parlamentare" si estenda il "diniego".