
Sette anni di attesa per una svolta storica. Il governo Meloni riesce dove gli esecutivi precedenti avevano latitato, e arriva alla firma dei contratti per i dirigenti di forze di polizia e forze armate. Colmando, appunto, anni di vuoto contrattuale che gravavano sui circa 24mila dirigenti in divisa. Dal 2018, anno in cui il decreto legislativo 95/2017 istituì formalmente l'area negoziale per il comparto dirigenziale, non si era mai arrivati alla firma di un contratto vero e proprio. Le scadenze dei trienni 2018-2020 e 2021-2023 si erano accumulate senza alcun rinnovo, lasciando in sospeso, tra l'altro, anche gli adeguamenti economici. Fino a ieri. Quando la firma simultanea dei due accordi ha chiuso una partita rimasta aperta troppo a lungo, e ha stanziato 40,7 milioni di euro per il primo triennio e 41 milioni per il secondo, con un'una tantum per gli arretrati e l'allineamento di alcune indennità trasferimento, reperibilità, congedo solidale a quelle già precedentemente riconosciute al personale non dirigente. Alla firma c'erano i ministri per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, dell'Interno, Matteo Piantedosi, della Difesa, Guido Crosetto e i sottosegretari all'Economia, Lucia Albano, e alla Giustizia (con delega alla polizia penitenziaria), Andrea Delmastro Delle Vedove, oltre ai sindacati e alle associazioni di polizia e militari. «Un ritardo cronico colmato», esulta Zangrillo, che nella firma legge «un segnale concreto di attenzione» verso chi serve il Paese «con coraggio, sacrificio e dedizione». «Giornata storica», sintetizza Piantedosi, mentre Crosetto, dopo il primo traguardo, auspica «un cambio di passo culturale, per rafforzare autorevolezza e motivazione di chi guida strutture cruciali per la sicurezza nazionale». Il commento più politico arriva via social da Delmastro. Per il sottosegretario, con la firma il governo ha infatti «realizzato una riparazione storica», perché finalmente «lo Stato torna a essere giusto con chi serve ogni giorno la nazione in silenzio, con disciplina e onore». Proprio Delmastro ricorda come il risultato fosse «atteso da sette anni», durante i quali il problema è stato «ignorato dai governi di sinistra, che non hanno mai nemmeno aperto il tema».
«La sicurezza non si promette, si costruisce; la dignità non si annuncia, si riconosce», conclude il sottosegretario. Ora il focus è già sul prossimo rinnovo, visto che l'accordo di ieri, come ricorda Zangrillo, «ci impegna sin da ora ad avviare, nei prossimi mesi, la tornata contrattuale per il triennio 2024-2026».