
Gentile direttore Feltri,
che ne pensa dei nuovi dati sull'occupazione? Pare che non si registrassero numeri così alti dal 2007. Il governo Meloni, bollato dalla sinistra come fascista e da abbattere al più presto, sta portando a casa risultati importanti e duraturi. Ma perché allora si continua a negare l'evidenza?
Simona Cammarata
Cara Simona,
i numeri, a differenza delle opinioni e delle ideologie, non mentono. E i dati pubblicati ieri confermano ciò che molti si ostinano a non voler vedere: l'Italia sta lavorando. Letteralmente.
A luglio 2025, il tasso di occupazione ha toccato il 62,3%, il livello più alto mai registrato dal 2007. Il numero di occupati è salito a 23 milioni 850mila persone. Aumentano soprattutto i dipendenti permanenti, cioè posti di lavoro stabili, non contratti a termine. E aumenta, ed è un fatto rivoluzionario, anche l'occupazione femminile, che raggiunge il record storico del 52,3%. Tutto questo mentre il tasso di disoccupazione scende al 6,9%, e quella giovanile cala al 20,8%, uno dei valori più bassi degli ultimi vent'anni.
Ora, mi chiedo: dov'è finita la narrazione apocalittica che voleva Meloni al governo solo per pochi mesi, travolta dall'incapacità e dal populismo? Invece questo è il quarto governo più longevo della Repubblica italiana, ed è paradossalmente anche quello che sta ottenendo i risultati più concreti in campo economico e sociale.
Per anni abbiamo sentito dire che il lavoro si crea coi sussidi. I 5 Stelle ci hanno riempito le orecchie con la storiella del reddito di cittadinanza, spacciato come misura per combattere la povertà e creare occupazione. In realtà ha fatto l'opposto: ha prodotto nuovi poveri e nuovi disoccupati, gente che si è abituata a stare sul divano a spese di chi lavora.
Il principio era tanto semplice quanto assurdo: pagare le persone per non lavorare. Così facendo, non incentivi l'occupazione, la distruggi. Non crei dignità, la avveleni. Non responsabilizzi i cittadini, li trasformi in sudditi.
Giorgia Meloni, piaccia o meno, ha avuto il coraggio di dire basta. Ha smantellato quella misura parassitaria e dispendiosa e ha riportato al centro del discorso nazionale il valore del lavoro: non soltanto come diritto, ma come fondamento della dignità umana. L'Italia, lo ricordo, è una Repubblica fondata sul lavoro, non sull'assistenzialismo.
Ecco perché questi dati non sono solamente economici. Sono culturali. Segnano un'inversione di tendenza che va oltre i numeri: parlano di una nuova visione del Paese, di una nuova ambizione. E parlano anche della fine dell'ipocrisia: chi può lavorare, lo faccia. Chi non può, venga aiutato davvero. Ma chi può e non vuole, che non venga mantenuto da chi invece sgobba.
Il lavoro non è solo la pagnotta: è appartenenza, libertà, crescita, è l'orgoglio di contribuire alla propria comunità. È quello che distingue un cittadino da un parassita.
I grillini ci volevano tutti uguali nella miseria, Giorgia Meloni ci sta riportando alla dignità
attraverso la fatica e il merito. Sì, merito, parolaccia per la sinistra. E i risultati, finalmente, si vedono.Chi lo nega, mente. O è in malafede. O ha paura che l'Italia, senza sussidi, stia davvero rialzando la testa.