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Reintrodotti dalla Consulta i rincari per le Autostrade. Balzello in arrivo da gennaio

Insorge Salvini: "Vanificato lo sforzo del ministero per congelare le tariffe". Gli attacchi della sinistra

Reintrodotti dalla Consulta i rincari per le Autostrade. Balzello in arrivo da gennaio
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Alla fine gli aumenti dei pedaggi autostradali scatteranno anche nel 2026. E la battaglia della Lega per congelare gli aumenti finisce fuori strada alla luce della decisione della Consulta secondo cui un'eventuale stop agli adeguamenti «avrebbe leso la libertà d'impresa».

«La sentenza contraria della Corte Costituzionale ha vanificato lo sforzo del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e dello stesso governo di congelare le tariffe fino a definizione dei nuovi Pef regolatori», afferma una nota del Mit annunciando che l'adeguamento quindi ci sarà a partire da subito e sarà dell'1,5%.

Dal 1 gennaio 2026, pertanto, per tutte le società concessionarie autostradali per le quali è in corso la procedura di aggiornamento dei relativi Piani economico-finanziari, sulla rete a pedaggio gestita scatterà un adeguamento pari all'indice di inflazione programmata per l'anno 2026.

«Per le società Concessioni del Tirreno (Tronco A10 e A12), Ivrea-Torino-Piacenza (Tronco A5 e A21) e Strada dei Parchi, in vigenza di periodo regolatorio, non sono previste variazioni tariffarie a carico dell'utenza, in linea con i rispettivi atti convenzionali vigenti. Una variazione pari all'1,925% è riconosciuta invece alla concessionaria SalernoPompeiNapoli. Infine, è riconosciuto un adeguamento tariffario pari all'1,46% per la società Autostrada del Brennero, con concessione scaduta, per la quale è in corso il riaffidamento della medesima», conclude il Mit.

La sentenza della Consulta, che ha di fatto determinato la legittimità degli aumenti tariffari, risale all'ottobre scorso ed afferma come le «disposizioni che hanno rinviato i termini per l'adeguamento dei pedaggi autostradali per gli anni 2020, 2021, 2022 e 2023, in attesa dell'aggiornamento dei piani economici finanziari, sono costituzionalmente illegittime perché in contrasto con gli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione».

La Corte Costituzionale ha accolto così il ricorso del Consiglio di Stato che lamentava la lesione della libertà di impresa e dell'utilità sociale nell'articolo 13, comma 3, del decreto-legge numero 162 del 2019 e nell'articolo 13, comma 5, del decreto-legge numero 183 del 2020. Gli aumenti e le accuse della Lega ai giudici hanno infiammato l'opposizione che ha accusato il ministro di un sostanziale «scaricabarile».

«Di fronte all'aumento dei pedaggi autostradali che scatterà dal primo gennaio e colpirà milioni di utenti, il ministro sceglie ancora una volta la strada più comoda: attribuire alla Corte Costituzionale responsabilità che sono interamente politiche. È il solito copione, ormai degno di un vero e proprio manuale del ministro che non sa governare», dichiara il senatore Antonio Misiani, responsabile economico del Pd.

Una doccia fredda per i consumatori che negli ultimi 10 anni hanno visto aumenti significativi, con stime che parlano di un incremento medio intorno al 27-30% tra il 2014 e il 2024, superando spesso l'inflazione e toccando punte più alte su tratte specifiche come la A4 o la A1, riflettendo aggiornamenti tariffari legati all«inflazione e agli indici di costo. La parte del leone riguarda Autostrade per l'Italia che gestisce quasi la metà delle autostrade italiane, con 2.800 chilometri su 6mila complessivi.

Di fatto il tema è sempre molto combattuto e controverso e già a inizio luglio aveva fatto discutere un emendamento al Decreto Infrastrutture, presentato dai relatori di maggioranza durante l'esame in

commissione Trasporti alla Camera, che prevedeva dall'inizio di agosto un aumento del canone annuo corrisposto ad Anas «di 1 millesimo di euro a chilometro». L'allora intervento di Salvini portò al ritiro dello stesso emendamento.

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