Dal ministero delle Infrastrutture trapela irritazione ma anche fermezza: il Ponte sullo Stretto si farà. «Andiamo avanti, non ci facciamo intimidire», ha fatto sapere il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini dopo il nuovo stop della Corte dei Conti, che ha negato il visto di legittimità alla delibera Cipess sul progetto definitivo. «Un'opera su cui hanno lavorato esperti di tutto il mondo, decine di università e professionisti di altissimo livello», fanno sapere da Piazzale di Porta Pia evidenziando che mentre «i Paesi più evoluti si interrogano su alta tecnologia e intelligenza artificiale, in Italia la Corte dei Conti vuole bloccare un ponte: è inaccettabile, incredibile».
A Palazzo Chigi e al Mit si interpreta la decisione come l'ultimo episodio di una lunga battaglia istituzionale. Dopo essere stata privata del controllo concomitante sul Pnrr e limitata nei poteri di intervento preventivo, la Corte, avrebbe scelto la via dell'«ostruzionismo tecnico», usando il diniego sul Ponte come risposta politica al suo depotenziamento. Sarebbe, secondo alcuni, una reazione pavloviana al ridimensionamento dei poteri contabili e, soprattutto, al ddl Foti che rende stabile lo scudo erariale e introduce la registrazione tacita degli atti. Nei palazzi romani si parla apertamente di una rivincita di chi non accetta di perdere centralità».
La decisione della magistratura contabile arriva infatti dopo mesi di tensioni legate alla riforma che ridisegna i confini tra controllo e responsabilità amministrativa. In un contesto di alta conflittualità, il rifiuto del visto assume così un valore politico: un modo per riaffermare un ruolo di veto su un'opera simbolo della volontà del governo di imprimere velocità alle grandi infrastrutture.
Il ministro Salvini non intende comunque arretrare. Oggi è prevista una riunione d'urgenza con i colleghi di governo. Poi il ministero intende «ricoinvolgere tutto il Consiglio dei ministri e, successivamente, il Parlamento» per ribadire il primato della politica.