Gramsci, i magistrati e le idee «al potere»

Quale attento lettore della sua rubrica, mi rivolgo a lei per conoscere la verità su un episodio inquietante ma, essendo ora più che ottantenne, potrebbe anche darsi che mi sbagli. In ogni modo ricordo d’aver letto anni addietro che il padre del giornalista Giuliano Ferrara, che fu un uomo di Togliatti, rivelò che «il Migliore», nel ’47 o ’48 iniziò a spingere gli studenti universitari comunisti a passare in massa alla facoltà di Giurisprudenza, per potere avere in futuro il controllo della Giustizia e poterla così piegare a fini politici. Questo spiegherebbe l’azione dei pretori d’assalto, dei giudici di Mani pulite e i reiterati interventi di magistrati a favore della sinistra, come la vicenda delle coop sembra dimostrare.



Dubito, caro Bosio, che Maurizio Ferrara abbia mai detto una cosa simile. Che il Pci togliattiano fosse molto attivo nel reclutare intellettuali, questo è notorio. Ma quella di una vera campagna per indurre gli studenti a iscriversi a Giurisprudenza per poi passare in Magistratura se non è una leggenda metropolitana, poco ci manca. Con questo non voglio dire che per rispettarne l’indipendenza il Pci si tenne alla larga dalla Magistratura. Se ne tenne alla stretta, ma affidandosi ai numeri. Per meglio intenderci e venendo ai giorni nostri, niente di più scontato che fra gli 8mila 973 magistrati in servizio nel Paese ce ne sia una buona quota di sinistra, comunisti o ex o post comunisti. Lì perché lì, non in osservanza d’una cartolina precetto.
E qui entra in ballo Antonio Gramsci. L’inventore dell’«intellettuale organico» e della «società civile» (intesa come egemonia politica e culturale di un gruppo sociale sull’intera società). In quanto organico, l’intellettuale di sinistra – e il magistrato è un intellettuale – avverte di dover rispondere a una chiamata della Storia, investito di una missione che Gramsci definì «vitale e appassionata». Sente di essere delegato a raddrizzare le storture della società educando il popolo - che secondo Gramsci nella migliore delle ipotesi «sente» ma non comprende - a rendersi conto di cosa faccia il suo interesse. Tutto ciò nei vari domini che gli sono consoni e che possono essere la scuola, l’arte, la letteratura, il teatro e il cinema, il giornalismo. E la Magistratura. In tal modo se il professore disorganico (non di sinistra) si limiterà a insegnare, il pittore a dipingere, il letterato a scrivere libri, il cineasta a fare film, il giornalista a raccontare i fatti e il magistrato ad amministrare la giustizia, avendo un’altra visione del loro mestiere o professione i loro colleghi organici (di sinistra) ne fanno uno strumento politico, di propaganda ideologica. Per tal motivo, quando ne è dipendente l’intellettuale organico (di sinistra) non si sentirà mai al servizio dello Stato o del cittadino, ma da bravo soldatino sempre al servizio di una idea.

Come la cronaca ampiamente dimostra.
Paolo Granzotto

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